giovedì 29 novembre 2007

Omeopatia: fanatismo e inutilità

L’omeopatia non produce risultati migliori dell’effetto placebo. Sulla base di 5 studi clinici Ben Goldacre, medico e divulgatore per The Guardian e The British Medical Journal, spara a zero sull’omeopatia. In un commento su The Lancet, autorevole rivista medica, Goldacre demolisce le false credenze riguardo ai presunti benefici dell’omeopatia, enorme contenitore in cui confluiscono interessi commerciali, cattiva informazione e vera e propria ignoranza scientifica.
Ciò non significa che l’omeopatia non possa presentare una qualche utilità clinica, ma che è necessario chiarire la natura e la modalità di tale beneficio – che potrebbe essere definito “naturale” o casuale. Sono inoltre in agguato effetti collaterali e rischi nei rimedi omeopatici. Che vanno dall’eccesso di medicalizzazione al fornire una risposta sbagliata a condizioni che non possono essere risolte con la medicina, tradizionale o omeopatica che sia: malumori, stress o malesseri determinati da problematiche relazionali. Il motto “c’è una pillola (omeopatica) per ogni guaio” è falso. In assenza di una corretta informazione costituisce addirittura una violazione del consenso informato e dell’autodeterminazione dei pazienti, nonché un ritorno al logoro paternalismo medico.
Ma i rischi del fanatismo omeopatico non si fermano qui: i sostenitori, mettendo in discussione la medicina basata sull’evidenza, spesso non adottano misure profilattiche importanti (molti fautori dell’omeopatia si oppongono al vaccino contro la rosolia per i propri figli, ad esempio, o alla profilassi medica in generale) con effetti devastanti. Ne deriva anche un problema di salute pubblica, conseguenza della messa in discussione delle diagnosi e delle terapie proposte su base scientifica.
Un altro aspetto rilevante riguarda i finanziamenti pubblici alla ricerca e la possibilità di rimborso per terapie che non funzionano. In un contesto di allocazione di risorse limitate – onnipresente guaio dei sistemi sanitari pubblici – distinguere cosa funziona da cosa non funziona diventa un problema cruciale.
Novelli untori al contrario, cioè di quelli che “andauano ungendo le muraglie” accusati di diffondere la pestilenza, i maniaci dell’omeopatia si sottraggono alla dimostrazione della sua inutilità invocando ragioni mistiche e misteriose.
Non è in discussione la libertà individuale – anche quella di curarsi nei modi “sbagliati”. Ma per garantire che una simile libertà sia davvero tale, è necessario assicurare una corretta informazione e una approfondita comprensione dei meccanismi che soggiacciono alla omeopatia. Nella percezione comune, invece, l’omeopatia è spesso percepita come una valida alternativa alla medicina basata sulle evidenze scientifiche.

(I nuovi alchimisti omeopati dell’era globale, E Polis).

12 commenti:

Maurizio ha detto...

In un contesto di allocazione di risorse limitate – onnipresente guaio dei sistemi sanitari pubblici –

Mi piacerebbe un tuo articolo su questo argomento. Può un sistema sanitario pubblico allocare nel modo migliore le risorse?

Chiara Lalli ha detto...

Eh.
Deve farlo, più che poterlo.
Sul come: è argomento complesso (e penserò a scriverne più dettagliatemente), ma senza dubbio un primo passo riguarda i criteri per finanziare la ricerca pubblica e per rimborsare le terapie (quali terapie e per quali patologie?).
Solo per fare qualche esempio (oltre omeopatia vs. medicina su base scientifica in generale): finanziare o rimborsare la cura Di Bella in assenza di evidenze. Oppure finanziare il congelamento degli ovociti (gravato da altissime percentuali di insuccesso ai fini riproduttivi). Non concedere fondi alla ricerca sulle staminali embrionali (vedi anche USA) o addiritura vietarla per legge (vedi Italia).
Siccome non si può finanziare e rimborsare qualunque ricerca o terapia, è necessario stabilire delle gerarchie che siano il più razionale e fondate possibile. Nonché tracciare una gerarchia di gravità delle patologie (vedi chirurgia plastica).
Sarebbe bello non doverlo fare, ma appunto il guaio è che le risorse sono limitate.
Un problema simile si pone nel caso dei trapianti: pochi organi disponibili, per moltissimi richiedenti. Come stabilisci la proiorità? (Non basta il criterio temporale di prenotazione, ovviamente).

Anonimo ha detto...

A chi è interessato: andate a vedere gli articoli sull'omeopatia sul sito del CICAP. C'è veramente da divertirsi!

Ciao

Anonimo ha detto...

L'informazione sull'omeopatia è inutile dal punto di vista della "conversione" dei suoi fans. Hai voglia a spiegare il numero di avogadro e le diluizioni seriali. E' una fede. Non la scelgono su base razionale, la scelgono su base emotiva. E come si fa a convincere con la ragione e la logica un innamorato a non essere più innamorato? Secondo voi c'è una via alternativa?
Enrico

Ivo Silvestro ha detto...

Sono d'accordo con quanto (ottimamente) scritto.
Solo un appunto da filosofo scassaxxxxx: perché parlare di "evidenza" e "evidenza scientifica"?
Non c'è nulla di meno evidente dei risultati scientifici, e mettendo il discorso sull'evidenza si può ribattere (ed è quello che capita spesso in sede di dibattito) che è evidente che l'omeopatia funziona, infatti "io avevo mal di mare poi ho preso su consiglio di un mio amico quella medicina omeopatica lì e la nausea mi è passata», eccetera.
Penso sia meglio porre la questione aldilà dell'evidenza...
Mandami pure a quel paese, non mi offendo ;-)

Chiara Lalli ha detto...

Enrico,
concordo. Forse però si può provare a convincere uno Stato a non dilapidare soldi e risorse (limitati) su scelte "emotive".

Ivo,
obiezione condivisibile. Nello spazio limitato del pezzo ho peccato di imprecisione.
Quello che volevo intendere (e facendo riferimento grossolanamente alla differenza tra Evidence Based Medicine e non Evidence Based Medicine) è che esistono degli strumenti e dei metodi per ipotizzare che X è "meglio" di Y. O che i processi per i quali funziona sono più intelligibili.
La storia è simile, per esempio, su creazionismo vs evoluzionismo: ipotesi più salde (non evidenti...), capacità esplicativa, coerenza logica, e così via. Spero di essermi spiegata, sia pure frettolosamente.

Ivo Silvestro ha detto...

Perfettamente chiara (e avevo inteso cosa volevi dire anche prima: era solo una (pedante) annotazione).
Evidence è, se non sbaglio, più prova che evidenza. E come ci insegna CSI, una prova può anche non essere evidente! Tutto questo senza nulla togliere all'evidenza scientifica, che è giusto chiamare così.

Aggiungo un piccolo aneddoto: al Festival della Scienza ho assistito alla conferenza di Silvano Fuso "Pinocchio e la scienza": il pubblico in sala se ne è stato buono buono fino a che non ha parlato di: a) nucleare, b) omeopatia. Tutti a dire che se è naturale non fa male (certo, come no: tra l'acqua naturale di una pozzanghera e quella artificiale di un purificatore, io preferisco la seconda) e che le medicine ci sono imposte dalle multinazionali cattive!

Anonimo ha detto...

Per Ivo il filosofo:
certo che si puo' parlare di "evidenza scientifica" anzi si DEVE farlo.
Se prendi una caramella e ti passa il mal di mare, questo non dà l'evidenza che ci sia una correlazione tra i due eventi. Altrimenti nel corso di una giornata posso dedurre centinaia di "evidenze" strampalate da eventi del tipo:
- mi è suonato il cellulare e ha cominciato a piovere...
- ho incontrato Tizio e mi ha portato sfiga: ho pestato su una cacca un minuto dopo
ecc ecc
Il concetto di evidenza passa attraverso lo studio della correlazione statistica tra gli eventi, cosa che si fa appunto in un esperimento scientifico.
Ciao!
Alberto

Ivo Silvestro ha detto...

alberto: ti ringrazio per la qualifica di filosofo (anche se non ho capito se era un complimento o l'esatto contrario...).
Il De Mauro per "evidenza" riporta, come primo significato (1b) "efficacia rappresentativa", e solo al quarto posto "fatto che mostra con certezza".
La differenza è abissale: la terra è evidentemente piatta nel primo caso (la vedo piatta), evidentemente tonda nel secondo (quando una nave appare all'orizzonte vedo prima la vela e poi lo scafo, e così via con altre prove classiche, decisamente non evidenti nel senso 1).

Se, in un dibattito, si usa il termine evidenza scientifica nel senso 4, si rischia, come è accaduto al festival della scienza, che l'altra parte ribatta ricorrendo al senso 1.

Unknown ha detto...

Decisamente un punto di vista interessante! Utilissimo intervento!

Ho postato su un mio blog un articolo che guarda l'omeopatia da un altro punto di vista, a chi interessa:


http://giorgiorgio.blog.kataweb.it/

Anonimo ha detto...

Se si parte dal presupposto che omeopatia= cura di tutte le malatie, si dice un'eresia. Io la uso fin da bambina e non mi sono mai ammalata, anche se non ho i valori nella morma (analisi del sangue), io preferisco l'omeopatia e le altre medicine anturali per curarmi, invece che prendere cose chimiche, che fanno più male che bene. L'aspirina, per fare un'esempio, può provocare emmoragia, e dunque, preferite avere un'emmorragia che con i rimedi naturali non si hanno contro indicazioni, se non si è allergici alle loro sostanze? Chi risponde che preferisce l'emmorraggia, non capisce una nespola ed è deficente!

Anonimo ha detto...

Sono uno di quelli che è caduto accidentalmente nelle mani dell'omeopatia... non credevo a nulla dell'omeopatia... poi sono guarito da una serie di malattie. Come detto non credo nelle diluizioni infinitesimali della materia. Però sono guarito. A questo punto mi sorge un dubbio: e se si trattasse di effetto placebo? Ottimo. Nessuno però studia l'effetto placebo... e allora non capisco: se esiste tale effetto, perché nessuno ne studia le dinamiche? La scienza che misura tutto, non misura gli effetti di una reazione emotiva? La psicologia misura l'andamento ormonale in relazione a determinati stati morbosi. Perché non studia l'effetto placebo?, perché lo ritiene un semplice effetto collaterale? A voi la risposta. Saluti.