giovedì 15 novembre 2007

Sorpresa: Avvenire straparla

Su Avvenire di oggi Viviana Daloiso esordisce così («Sorpresa: “La diagnosi preimpianto non funziona”», 15 novembre 2007, inserto «È vita», p. 1):

Per gli antagonisti della legge 40 è il preferito tra i cavalli di battaglia, soprattutto dopo la discussa sentenza emessa dal Tribunale di Cagliari alla fine di settembre sul caso della donna affetta da beta-talassemia: parliamo della diagnosi preimpianto, la tecnica di analisi e selezione degli embrioni che – nei proclami di chi la sostiene – dovrebbe permettere alle donne che accedono alla fecondazione assistita di moltiplicare le possibilità di successo della futura gravidanza, individuando e impiantando gli “esemplari” potenzialmente più sani.
Ma, come ci informa con malcelata soddisfazione l’articolista,
tra lo stupore di una parte dei partecipanti al meeting annuale delle società per la riproduzione assistita statunitensi, riunite a Washington a metà ottobre, i medici della Asrm (l’American Society for Reproductive Medicine, tra le più autorevoli e rappresentative Oltreoceano) si sono espressi nettamente contro la tecnica di diagnosi preimpianto dello screening […] eppure le varie tecniche della diagnosi preimpianto, anche nel nostro Paese, continuano a essere proposte come metodo sicuro per aumentare i successi nelle gravidanze da procreazione assistita...
Qualcosa di stonato sarà stato percepito già da un po’ dai più avvertiti: ma la diagnosi preimpianto non serviva a far nascere bambini sani da coppie portatrici di difetti genetici? Cosa c’entra l’aumento dei successi nelle gravidanze da procreazione assistita? E cosa diavolo sarebbe la «diagnosi preimpianto dello screening»?
Il mistero si chiarisce andando a vedere uno dei più recenti numeri di Nature, dove secondo la stessa Daloiso sarebbe «ampiamente riportato» quanto emerso al convegno. Il pezzo (Brendan Maher, «Embryo screening “doesn’t improve” pregnancy success», Nature News, 17 ottobre 2007; lo citavamo recentemente su Bioetica) parla in realtà principalmente non della diagnosi preimpianto, ma dello screening preimpianto. Le due tecniche si somigliano, ma – come spiega chiaramente Nature – la prima ha lo scopo di far nascere bambini sani, individuando gli embrioni portatori di singoli geni difettosi; la seconda (che individua una classe specifica di difetti genetici, le aneuploidie, cioè anomalie nel numero di cromosomi, che sono connesse alla difficoltà di ottenere una gravidanza) ha lo scopo principale di aumentare il successo delle tecniche di fecondazione in vitro. I dati presentati dall’Asrm, mentre da un lato mettono in dubbio l’efficacia dello screening, dall’altro «supportano la diagnosi genetica di preimpianto»: così, esplicitamente, l’articolo di Nature. La Daloiso, se l’ha letto, doveva essere molto distratta. Eppure avrebbe dovuto accorgersi della topica: riportando le dichiarazioni di Glenn Schattman, «noto specialista nel campo dell’infertilità e docente di Endocrinologia riproduttiva al Weill Medical College della Cornell University», lo presenta affermando che
non soltanto è un convinto sostenitore della pratica ma esegue diagnosi preimpianto sulle donne che ogni anno ricorrono alla fecondazione assistita per avere figli nel suo studio. Proprio per questo la sua testimonianza è ancor più sbalorditiva
Non c’è dubbio, in effetti, che un convinto sostenitore della pratica (si noti l’uso del tempo presente: Schattman «è», non «era»; «esegue», non «eseguiva») che testimonia contro la pratica stessa sia un fenomeno «sbalorditivo». Ovviamente, Schattman è contrario allo screening, non alla diagnosi preimpianto.
Ma siamo ancora lontani dal vertice di comicità involontaria che la Daloiso tocca più avanti, quando ci informa che l’evidenza dei fatti costringerebbe
Schattmann [sic], quando una donna si presenta nel suo studio, a dirle con onestà: «Se il suo obiettivo è quello di avere un bambino sano ricorrendo alla fecondazione assistita, la sua migliore chance di ottenere questo scopo sarà di non ricorrere allo screening preimpianto». E quando la donna gli obietta che lui è un convinto sostenitore della diagnosi preimpianto, Schattmann [sic] replica: «Lo sono, è vero. Ciò non toglie che io debba agire rispettando la deontologia del mio mestiere di medico: che, al di là di ogni interesse commerciale, mi impone di dire la verità sull’inutilità e i rischi di questa tecnica».
Sarei curioso di sapere quali sono state veramente le dichiarazioni del dottor Schattman (che non trovo nel pezzo di Nature né da nessun altra parte); sospetto fortemente che un «convinto sostenitore della diagnosi preimpianto» non vada in giro a denunciare l’«inutilità e i rischi di questa tecnica»...

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Vi prego, ditemi che questa pseudo giornalista ha un indirizzo e-mail a cui scriverle...

Anonimo ha detto...

Mistificazione e attenzione selettiva, il modo di procedere dei propagandisti catto-integralisti di casa nostra.
Mistificazione nel prendere determinate affermazioni stravolgendone completamente il senso, come brillantemente dimostrato da Giuseppe.
Attenzione selettiva nel riportare, per quanto in maniera falsata, solo determinate affermazioni e non altre: proprio in questi giorni proprio l'American Society for Reproductive Medicine ha ufficialmente sconsigliato il ricorso alla metodica di congelamento degli ovociti nella fecondazione assistita, trattandosi di una tecnica sperimentale e dall'efficacia estremamente limitata.
Ma la feccia cattolica che vomita spazzatura dalle pagine di Avvenire preferisce sorvolare su certe affermazioni...