Mi era sfuggito questo pezzo di prosa davvero ignobile (per usare le parole di chi me lo ha segnalato): Di omofilia e omofobia, Il Foglio, 28 aprile 2007. Sottotitolo: La chiesa cattolica è contraddittoriamente accusata di omofilia e di omofobia patologiche. Nella mozione di Strasburgo si è rischiato un secondo caso Buttiglione. Qui si discute il problema, che è interessante.
Firmato (vedi accanto):
Perché la chiesa cattolica è accusata da chi non la ama di essere patologicamente omofila e patologicamente omofoba? Il principio di contraddizione dovrebbe impedirlo, invece succede.Già solo l’incipit meriterebbe una dissertazione filosofica implacabile. E noiosamente lunga. Cerco di essere sintetica.
Il principio succitato è quel principio “secondo il quale io non posso affermare e negare nello stesso tempo, e prendendo i termini nello stesso senso, un predicato di un soggetto” (questo dice Gabriele Giannantoni, e io lo cito volentieri e con un po’ di nostalgia – era un gran maestro il Gabriele!)
Insomma non posso dire di X che è A e non-A. Per i nostri intenti è utile tenere a mente quel “prendendo i termini nello stesso senso”. Intendendo i termini “omofilia” e “omofobia” in senso letterale potremmo anche avallare il richiamo al principio di contraddizione e riscontrare che è contraddittorio predicare al contempo filia (amicizia, simpatia, tendenza, affinità, favore) e fobia (paura di carattere patologico) verso qualcuno.
Suonerebbe strano, insomma, dirsi al contempo affini e spaventati da X. Se provo simpatia per Mario non dovrei allo stesso tempo esserne spaventato. Ma se spostiamo l’attenzione sulla inevitabile contraddizione che caratterizza alcuni sentimenti umani la situazione si complica. Se poi leggiamo oltre ci rendiamo conto che “omofilia”, per il proboscideo, non ha affatto il significato di volere bene agli uomini (sentimento più o meno sessualmente connotato), ma di abuso:
Il Vaticano ha ammesso drammaticamente le sue insufficienze nel controllo e nella dissuasione di fenomeni di abuso omofilo in alcune importanti diocesi americane, e non solo in esse.(I corsivi sono miei.)
Allora la contraddizione tra “essere omofobi” e “abusare sessualmente di qualcuno” (che sia dello stesso sesso è poco rilevante) non ha più quella cristallina chiarezza esistente tra il predicare A e non-A di X. “Abuso omofilo” si avvicina ad essere un ossimoro.
Mi auguro che il fatto di avere ammesso inadeguatezza nel controllare e nel dissuadere dagli abusi non voglia suonare come una giustificazione o, peggio, una assoluzione verso gli abusi compiuti e verso i responsabili degli abusi. Né da parte della chiesa, né da parte del quadrupede ingombrante.
Per quanto riguarda le “alcune importanti diocesi americane” (ove sottolineo “alcune”) non posso che rimandare per l’ennesima volta alla mappa degli abusi (dal sito di Deliver Us from Evil) e al database di quanti sono usciti fuori dal controllo della chiesa e non sono stati dissuasi dallo stuprare.
Ma, al di là delle manipolazioni interessate e delle montature mediatiche wasp (white anglo saxon protestant) che pure ci sono state, la chiave di tutto, per le persone informate e non prevenute, è sempre stata questa: nel suo ordine, la chiesa tende a derubricare quel che noi consideriamo reato in peccato, inosservanza comportamentale o violazione canonica dentro una comunità sociale di amore che ha per tema decisivo la salvezza dell’anima di ogni peccatore. Ecco perché al posto delle denunce tempestive, nella diocesi di Boston e in altre ci furono, in misura sicuramente minore di quel che suggerisce la campagna anticattolica sviluppatasi negli anni scorsi, provvedimenti blandi, trasferimenti, tentativi di correzione nel silenzio (e anche al fondatore dei Legionari di Cristo, gravemente sospettato di abusi omofili, è stato risparmiato un pubblico processo).La chiave di tutto: il reato diventa l’errore di una pecorella smarrita; siccome ogni peccatore deve avere salva l’anima si insabbia l’abuso; alla voce “salvezza dell’anima” si evita il pubblico processo. Ecco perché! Ora sì che è chiaro. E che cosa ne è dei bambini abusati? Di quanti in nome di Cristo sono stati costretti a soddisfare i bisogni carnali di chi avrebbe dovuto badare alle loro anime? Di quelli che non si toglieranno mai più di dosso lo schifoso odore degli umori sessuali e mai più dalla orecchie il frusciare delle lunghi vesti scure?
Dunque quella chiesa che è percepita come omofila, luogo di una vocazione omosessuale diffusa e mal controllata, spesso trasformata in violenza psicologica o altro, è in realtà una comunità monosessuale in cui si manifestano problemi tipici di altre comunità simili (basti pensare al concetto ironico inglese di “autonomia della flotta” per spiegare la sessualità dei marinai), e questi problemi sono accuditi con l’intenzione di correggere i comportamenti e salvare le anime, cioè offrire una speranza di redenzione individuale a ciascuno. Non è indulgenza omofila, per così dire, è solo che la chiesa fa il suo mestiere, per così dire.Vorrei appellarmi ad un altro principio: quello dell’onestà. Un conto è la questione sessuale tra consenzienti (che scopino, che si fottano fino a non poterne più); un altro conto è la violenza e l’abuso. Quanto al mestiere della chiesa, niente di nuovo.
Ed ecco il gran finale.
Se ci riflettete lo stesso vale per la presunta omofobia “malata” della chiesa, l’altra e contraddittoria accusa che le viene rivolta. La chiesa, come tutti sanno, accoglie, confessa, assolve gli omosessuali, e nella realtà della sua vita e anche della sua dottrina li ama, li predilige come pecorelle smarrite, e da molto tempo ormai la chiesa-istituzione è molto laica nell’affrontare questa questione sociale (non scordiamoci che l’omofobia era la regola sociale diffusa fino a tre decenni fa, per esagerare, anche nella società civile occidentale, ed è legge nel mondo islamico). Li ama dunque, e tuttavia, anche qui, vuole correggere quei comportamenti, li ritiene significativi, non omologabili alla costruzione di amori e famiglie biparentali classiche. Insomma, anche qui la chiesa corregge, ha un modello, una dottrina sociale, un catechismo, una sua idea di verità da proporre. Ed eccoci al punto chiave. Dai tempi del caso Buttiglione, che si ripete in forma meno grave con la parte della mozione antiomofoba approvata ieri l’altro a Strasburgo in cui si cerca di coinvolgere la chiesa nell’accusa di omofobia (per il resto la mozione va benone), si è visto che l’Europa politica, per come si esprime nelle sue classi dirigenti euroburocratiche del Parlamento europeo, tribuna laicista quant’altre mai, vuole stangare la presunta omofobia della chiesa e, anche se non lo sappia, esprime in questo la stessa cultura anticattolica delle campagne sull’omofilia della chiesa. Una chiesa che si proponga di correggere i comportamenti, madre e maestra, è inaccettabile in una società neosecolarista, poco laica, intollerante verso qualunque principio educativo che alluda a qualcosa piuttosto che al niente, quando questo qualcosa abbia un contenuto oggettivo di verità. L’omofobia va messa al bando, certo, ma anche la pedagogia cattolica? È laico questo? No.Di Buttiglione abbiamo già detto. Della laicità pure. Così della idiozia e di tante altre amenità. Una sola scottante questione rimane inevasa: ma l’elefantino ci fa o ci è? Tertium non datur (oppure sì?).