Ci ha dilettato con la sua oratoria impeccabile e sinuosa, con il suo eloquio ipnotico da serpente Kaa, ci ha fatto battere il cuore per una vicenda che ha dell’incredibile tra pigiami e zoccoli e perizie psichiatriche. Il suo sguardo penetrante ha fatto vacillare credenze e cambiato opinioni.
Due giorni fa Carlo Taormina ha scritto un paio di colonne su “Libero” (Se si rompe la macchina dell’aborto, 24 novembre 2006, p. 16) che meritano attenzione. Molta attenzione.
Si parte dalla constatazione che la nostra patria stia diventando intollerante: verso chi, verso cosa, e che cosa ha interrotto l’arcadia di allora non è dato sapere.
Poco male, tuttavia.
Perché non sembra nemmeno del tutto pertinente questo avvio quando si passa a parlare di aborto. Taormina domanda: “quando le leggi disciplinano fatti di filosofia della vita” ci sono “spazi per sostenere i propri ideali, come accade nella questione dell’aborto”?
Secondo la tesi di Taormina il problema dell’aborto sarebbe riesploso dopo il voto sulle staminali (?) e la Chiesa sbaglia a fare battaglie sulle staminali, “ma sulla nascita della vita in base al sentire comune, non ci sono ragioni di perplessità”.
Devo fermarmi nella ricostruzione e obiettare: 1. Nascita della vita sarà forse un concetto legalmente utile, ma dal punto di vista scientifico non significa assolutamente nulla – che faceva Taormina durante le lezioni di scienze? 2. Che il sentire comune possa costituire una solida base per alcunché (se non per il sentire comune stesso) è escluso, e dubito che Taormina farebbe affidamento al sentire comune per altro che non sia questo confondere una descrizione con un giudizio. 3. Sulle “staminali” (ma perché virgolettarle?) la Chiesa sbaglia a fare battaglie perché non sarebbero vita? Spero che Taormina non pensi questo. Forse pensa che siano meno degne di protezione degli embrioni, ma dimentica che la Chiesa osteggia la ricerca sulle staminali embrionali proprio perché vita umana: come la mettiamo? Le “staminali” (virgolettate) sono vita e la ricerca è responsabile della loro “uccisione” (stavolta le virgolette sono mie) al pari dell’aborto.
Di nuovo Taormina: c’è una ragione pratica per criminalizzare l’aborto. Non è vero che i loschi traffici siano finiti. Anzi continuano “con l’aggravante dell’aborto clandestino, traducendosi in omicidi”, come nel caso di “medici accreditati a sinistra”. E puntualizza: “Non che gli aborti consentiti non siano omicidi, ma estrarre un feto di sei mesi e ucciderlo è cosa diversa e maggiormente criminosa”.
Lalli: forse non sono pronta all’ermeneutica di un linguaggio aulico e giuridico, e barcollo nel dare un senso alle frasi di Carlo Taormina. Sembra che l’unica ragione ammessa da Taormina per permettere l’aborto sia il male minore; ma gli aborti clandestini permangono e allora tanto varrebbe vietarli per legge. E in effetti, visto che omicidi rimangono, sarebbe più coerente vietarli. Non è ammissibile legalizzare gli omicidi. Nessun dubbio che l’aborto non sia omicidio?
Ed eccoci arrivati alla cultura di sinistra (e mortifera) a favore dell’aborto che incoraggia “queste operazioni in nome dell’ideologia”. Quale ideologia? (I comunisti non mangiavano i bambini?). E i consultori, inferni in Terra, presidiati da medici di sinistra (tutti di sinistra, quasi quasi rischiamo la rivoluzione, comunisti di merda che non siete altro!) che boicottano il personale antiabortista (conosce Taormina le percentuali dell’obiezione di coscienza?).
Fa paura il ritorno all’aborto clandestino generalizzato, ma “l’abbandono dei principi genera mali peggiori di quelli che si sono voluti evitare”, mette in guardia Taormina. Ed ecco la soluzione, la proposta geniale: tornare all’aborto terapeutico. “Penso ai concepimenti da violenza carnale o alle condizioni del feto per motivo genetico e per altre ragioni”. Se non la soluzione ideale, senza dubbio accettabile; una buona risposta “allo sterminato cimitero dei morti spalmato in tutto il mondo”.
Spalmato? Pessima scelta stilistica, se posso permettermi. Tuttavia oscurata da difetti ben più gravi. Se l’aborto è da condannare perché omicidio (embrione=persona titolare di diritti), per quale ragione una violenza carnale dovrebbe togliere all’aborto la macchia immonda? Non è l’embrione ad essere responsabile dello stupro, perché fargli pagare con la morte il reato altrui? E i feti-persona con problemi di salute nemmeno meritano la morte (condannerebbe alla morte i disabili, egregio avvocato Taormina?).
Permettere l’aborto terapeutico è una mossa ipocrita e incoerente se la premessa è che la vita personale (eh, sì, non la vita umana) abbia inizio dal concepimento. E poco importa se lo stupratore o il feto sono oggetto di maggiore tutela rispetto all’embrione, a scapito dell’equivalenza suddetta.
Ma la difesa non si nega a nessuno, vero avvocato?
domenica 26 novembre 2006
Carlo Taormina, avvocato difensore dell’embrione
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