mercoledì 22 novembre 2006

Una buona lettura mattutina

Chi ama la vita si interroga sul suo significato e quindi anche sul senso della morte e di come affrontarla, sapendo però che il diritto alla vita non gli dà il diritto a decidere quando e come mettervi fine. Amandola, combatte il dolore, la sofferenza e il degrado – nemici della vita – con tutto il suo ingegno e il contributo della scienza. Ma non cade nel diabolico inganno di pensare di poter disporre della vita fino a chiedere che si possa legittimarne l’interruzione con l’eutanasia, magari mascherandola con un velo di umana pietà. Né si accanirà con terapie ingiustificate e sproporzionate. Nei momenti estremi della sofferenza si ha il diritto di avere la solidale vicinanza di quanti amano davvero la vita e se ne prendono cura, non di chi pensa di servire le persone procurando loro la morte.
Chi ama la vita, infatti, non la toglie ma la dona, non se ne appropria ma la mette a servizio degli altri. Amare la vita significa anche non negarla ad alcuno, neppure al più piccolo e indifeso nascituro, tanto meno quando presenta gravi disabilità. Nulla è più disumano della selezioni eugenetica che in forme dirette e indirette viene sempre più evocata e, a volte, praticata. Nessuna vita umana, fosse anche alla sua prima scintilla, può essere ritenuta di minor valore o disponibile per la ricerca scientifica. Il desiderio di un figlio non da diritto ad averlo ad ogni costo. Un bambino può essere concepito da una donna nel proprio grembo, ma può anche essere adottato o accolto in affidamento: e sarà un’altra nascita, ugualmente prodigiosa.
Messaggio per la 29a Giornata per la vita - 4 febbraio 2007, AMARE E DESIDERARE LA VITA, Consiglio Episcopale Permanente.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Un bambino può essere concepito anche al di fuori del grembo materno, con metodiche di procreazione assistita, e ciò consente di ottenere nascite ancor più prodigiose, con la scienza schierata al servizio della vita. Mentre la religione (cattolica) invece cerca di opporsi con ogni mezzo a questa nuova vita che nasce. In nome di non meglio precisati principi di natura morale. Secondo i quali la PMA è intrinsecamente immorale. Il che rende ancora più tangibile il livello di ipocrisia in cui annaspano le gerarchie ecclesiastiche, impegnate nella perenne difesa della loro visione teocentrica della società civile.
A scapito dei diritti individuali delle persone.

Anonimo ha detto...

"Amare la vita significa anche non negarla ad alcuno, neppure al più piccolo e indifeso nascituro, tanto meno quando presenta gravi disabilità. Nulla è più disumano della selezioni eugenetica che in forme dirette e indirette viene sempre più evocata e, a volte, praticata."

A me sembrano parole belle e che condivido.
Non capisco cosa c'è che non va.

Marco

Anonimo ha detto...

Ritenere la Pma immorale parte dal presupposto che la dignità di ogni essere umano (che ovviamente comincia col essere embrione) è lesa nel momento stesso in cui lo si ritenga un "qualcosa" da "produrre" in laboratorio. La teologia c'entra relativamente, tant'è vero che anche degli atei la pensano così (anche se a qualcuno Ferrara, Pera e c. non sono simpatici sono pur sempre atei). Ricordo anche che con la Pma oltre a "produrre" vite umane, si tende a "selezionarle", scartarle, congelarle...anche per questo non c'è ipocrisia nell'atteggiamento della Chiesa ma coerenza con una tesi iniziale: la vita di ogni uomo è intangibile in ogni sua fase. Potete non essere d'accordo ma non capisco perchè dare dell'ipocrita a chi la vede così.

Chiara Lalli ha detto...

Annalisa Rossetto, una domanda:
lei ritiene morale la legge 40? La considera una buona legge?
(La mia non è una domanda polemica, ma una richiesta di chiarimento per risponderle).
Quanto agli atei etc, la questione non è la credenza di chi sostiene un argomento (cattolica indusita o agnostica), ma se quall'argomento funziona oppure è fallace.
Non escluso a priori di poter essere d'accordo con un argomento di un cattolico - a patto che sia un BUON ARGOMENTO.

Anonimo ha detto...

Mi chiede se ritengo la legge 40 un legge "morale". Non credo che questa sia una domanda corretta. Si può chiedere se ritengo i principi a cui si ispira coerenti con una morale che condivido o meno (e la risposta è sì) ed è quello che, evidentemente, ha ritenuto il parlamento italiano e che il comitato per il referendum non è riuscito a contestare. Una legge deve ispirarsi ovviamente a dei principi morali e questi devono essere i più largamente condivisi ma non è sempre detto che siano i migliori. Tanto è vero, per esempio, che negli USA c'è la pena di morte e nessun referendum riuscirebbe a toglierla.
Se il parlamento italiano ha votato trasversalmente una legge e il popolo, non mi spingo a dire che l'ha confermata ma, per lo meno, non l'ha voluta abrogare credo che sia una legge che vada rispettata per lo meno perchè basata su principi condivisi dai più.
Ritengo, per non sfuggire alla sua domanda precisa, che il principio che la ispira(tutela anche dell'embrione quale soggetto coinvolto nel trattamento sanitario della PMA)sia assolutamente giusto perchè mi sembra assurdo chiamare volontariamente (e sottolineo il volontariamente)alla vita un essere umano e poi pensare di non avere delle responsabilità precise nei suoi confronti.

Chiara Lalli ha detto...

Cara Annarosa, avevo dimenticato di chiederle se per lei la coerenza sia importante, ma suppongo di sì (o meglio, parto da premesse che includano la coerenza e suppongo che lei sia d'accordo con me).

Se la tutela dell'embrione è giusta, allora dovrebbe giudicare la legge 40 una legge ingiusta.
Infatti quei 3 embrioni (degni di tutela) sono prodotti in laboratorio e destinati in percentuale significativa a morte. Lei sa che la percentuale di successo per embrione impiantato non è altissima e in ogni modo è escluso che 3 su 3 nascano (è escluso, dunque, che la tutela possa essere garantita a tutti).

Non è il numero di persone uccise che determina la gravità del reato omicidio. Certo, esistono differenze (dall'omicidio alla strage al genocidio), ma essere responsabili della morte di 1 persona è tuttavia un reato grave.

Delle due l'una:
o l'embrione è un soggetto da tutelare e allora non si può esporlo a tale alto rischio di morte (il limite dei 3, è evidente, non risolve né il rischio né la contraddizione tra tutela e 'omicidio'),
o l'embrione non è un soggetto da tutelare e allora se ne potrebbero produrre in numero infinito (e si potrebbe fare sperimentazione embrionale e diagnosi di preimpianto).

Quanto al rispetto di una legge, mi limito a fare un cenno a quel diritto di resistenza di kantiano sapore (e Kant è insospettabile, tanto è vero che è spesso citato rispetto al rispetto delle persone da trattare come fini e mai come mezzi, giusto?) e alla possibilità di contestazione verso un testo normativo come potente mezzo di cambiamento e di evoluzione.
La contestazione di alcuni codici ha permesso miglioramenti doverosi (qualcuno ricorda che fino a pochi anni fa il reato di incesto era configurabile solo in caso di pubblico scandalo? Pubblico scandalo). L'esistenza di una legge non è di per sé una garanzia morale del principio che qualla legge ispira.

Anonimo ha detto...

Ovviamente la coerenza per me è un valore importante. Spero lo sia per tutti, naturalmente. E so anche che la PMA è una pratica che di per sè non è coerente alla tutela dell'embrione. Infatti la legge 40 è una di quelle leggi che vengono definite di compromesso. Essendo l'Italia un paese in cui da molti anni e in assenza di qualunque controllo si eseguivano PMA in cui sicuramente la tutela dell'embrione non era prioritaria, il parlamento ha ritenuto che qualche regola andasse posta. Questo non vuol dire che chi ha regolamentato un fenomeno dovesse anche condividerlo (è successo lo stesso con la legge 194, approvata anche con i voti dei parlamentari della DC). Io difendo la legge in base al principio del "male minore". Lei pensa forse che i parlamentari che ritenevano non etica di per sè la PMA avrebbero dovuto "ritirarsi sull'Aventino"? Mi permetta una battuta ironica: sarebbe piaciuto a molti!
Quanto al citato principio kantiano credo proprio che possa essere integrato anche con la considerazione che una legge crea "cultura" e se questa legge porterà a una ulteriore consapevolezza della società che l'embrione umano è un soggetto da tutelare io non ne potrò che, coerentemente, esserne lieta.
Per concludere, trovo la sua considerazione finale assolutamente da condividere: infatti, per esempio, io trovo la legge 194 non condivisibile eticamente e mi adopero perchè nella società possa cambiare la mentalità che l'ha sostenuta. Ovviamente nessuno ha da temere qualche "golpe" in proposito perchè, purtroppo, è ancora troppo diffusa la mentalità che gli embrioni umani (ma anche i feti)siano esseri umani di classe B in attesa di diventare (non si sa bene grazie all'intervento di quale preciso mutamento biologico o sociale) di classe A. E a me sembra che sia un ragionamento vecchio (vedesi discriminazione tra esseri umani neri e bianchi, donne e uomini, ebrei ed ariani) che le attuali conoscenze biologiche, se coerentemente prese sul serio, non possono sostenere.