sabato 25 novembre 2006

Accanimento terapeutico verso uno Stato laico

Trovare intese e regole condivise con la Chiesa cattolica sui temi della bioetica. Lo auspica il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una celebrazione al Quirinale in occasione della giornata per la ricerca sul cancro. «Occorre trovare soluzioni ponderate e condivise sulla libertà di ricerca, sui suoi codici, sulle regole e i più complessi temi bioetici», ha detto il capo dello Stato. «Confido che il riconoscimento, anche da parte delle più alte autorità religiose, della conoscenza scientifica e del progresso tecnologico come “autentici valori della cultura del nostro tempo”, consentirà di dare soluzioni ponderate e condivise ai problemi della libertà della ricerca, con il suo codice e le sue regole, e ai più complessi temi bioetici».
Il Quirinale ha poi precisato in una nota che le soluzioni spettano al Parlamento: «La ricerca di soluzioni ponderate e condivise, auspicate dal Presidente Napolitano, può avvenire nella sede propria del Parlamento» si legge nel comunicato.
Bioetica, «servono intese condivise», Il Corriere della Sera, 24 novembre 2006.

Non esistono soluzioni condivise sulla questione dello statuto morale dell’embrione (e dunque: procreazione medicalmente assistita, interruzione volontaria di gravidanza, sperimentazione embrionale) e sulla sacralità della vita (e dunque: decisioni di fine vita, soprattutto nella forma che tanta paura fa agli ipocriti, pardon, ai “prudenti” – l’eutanasia attiva).
Non ci possono essere soluzione condivise quando una delle parti (o tutte?) accoglie tra le premesse valori assoluti e affermazioni apodittiche.
Non ci possono essere soluzioni condivise se qualcuno crede che la tua vita non ti appartenga e che tu non ne possa disporre, condannato a subire un dono meraviglioso.
Ma soprattutto: per quale diavolo di ragione bisognerebbe sforzarsi di cercare una soluzione condivisa con la Chiesa cattolica? In uno Stato laico? In uno Stato che ancora non ha dichiarato di essere confessionale? E poi che cosa né è delle altre chiese? Non meriterebbero anche loro di entrare nel tavolo di discussione?
Ho paura che “confidare nel riconoscimento, anche da parte delle più alte autorità religiose, della conoscenza scientifica e del progresso tecnologico” non sia assolutamente sufficiente. Ma poi perché dovremmo sperare che la ricerca scientifica sia tollerata dalla Chiesa cattolica? Perché? Perché dovremmo chiedere il permesso a uno vestito di bianco?
Spesso sul punto di morte si accettano le tentazioni della credenza nella vita eterna. Che sia sul punto di morte lo Stato italiano? Che stia spirando l’ultimo respiro la laicità? In questo caso, meglio sperare nella vita eterna, perché di eutanasia non se ne parla. Non è una soluzione condivisa.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Sembrerebbe così ovvio...

Anonimo ha detto...

E' vero che in linea di principio lo stato non dovrebbe preoccuparsi di cercare soluzioni che trovino d'accordo la chiesa cattolica, perché lo stato è laico. Però uno stato deve fare l'interesse dei cittadini che lo compongono, e se la maggior parte di questi cittadini è d'accordo con il pensiero della chiesa (almeno su questo argomento) allora è giusto tenerne conto. Su altri argomenti (es divorzio) la maggior parte dei cittadini non è d'accordo con la chiesa, e allora si fa una legge che soddisfa i cittadini senza preoccuparsi della chiesa. C'è stato apposta un referendum.

Chiara Lalli ha detto...

Roberto: e se i cittadini fossero d'accordo a ripristinare la schiavitù lo Stato dovrebbe fare una legge per fare i loro interessi?
Questa è la tua idea di Stato (laico)?
Ci sono dei limiti che nemmeno un plebiscito dovrebbe superare, altrimenti saremmo in balia della maggioranza e non c'è peggiore tirannia della maggioranza.
Inoltre, chiedere la libertà (di divorziare, di ricorrere alla PMA, di ricorrere all'eutanasia o di andare a passeggio) non impone a chi non è d'accordo un comportamento.
Chi non vuole divorziare non divorzia, anche se c'è una legge che permette il divorzio.
Esiste una profonda asimmetria tra la libertà e la coercizione legale e consiste nel fatto che quando c'è la libertà ognuno può scegliere di fare quello che preferisce.
Il parere della maggioranza non può essere un criterio per giustificare una legge.
Dovresti sapere, infatti, che su alcuni argomenti non è possibile indire il referendum.
Non sarebbe costituzionale un referendum per depenalizzare l'omicidio, tanto per fare un esempio.

Chiara Lalli ha detto...

Se fosse utile offrire una testimonianza autorevole:

Per me, quando sento la mano del potere appesantirsi sulla mia fronte, poco m'importa di sapere chi mi opprime, e non sono maggiormente disposto a infilare la testa sotto il giogo solo perché un milione di braccia me lo porge.

Alexis de Tocqueville

Anonimo ha detto...

L'esempio della schiavitù è sbagliato perche secondo me uno stato deve cercare di garantire la libertà di tutti. Su tutto quello che riguarda un individuo, e lui solo, sono d'accordo con te, lo stato non dovrebbe interferire dando obblighi. anche sull'eutanasia volontaria (tipo caso welby) sono d'accordo più con te che con la chiesa. non lo sono su tutto quello che non riguarda solo l'individuo che sceglie. un esempio stupido è questo: uno potrebbe dire di voler essere libero di bere e poi guidare, perchè sono fatti suoi; questo però è sbagliato perchè guidando da ubriaco diventa un pericolo anche per altri e impone loro la sua scelta. E così, se l'embrione non è vita, la scelta di abortire riguarda solo i genitori; ma se è vita, la scelta gli viene imposta. e allora il punto è: è vita oppure no? visto che non c'è una risposta definitiva non rimane altro che chiedersi: per noi lo è o no? Se lo è, una legge che vieta l'aborto non è una limitazione alla libertà di una donna, ma una tutela della vita del bambino. E lo stesso vale per me nel caso delle adozioni da parte di coppie omossesuali: uno è libero di amare e vivere con chi vuole, anche se oggetivamente è contro l'ordine naturale delle cose; però non si può imporre questa scelta di vita a un bambino negandogli (volontariamente e non per cause di forza magiore) di avere un padre e una madre che sono figure fondamentali per la sua crescita