In un momento in cui Il Codice Da Vinci ha reso popolare l’idea che Gesù potrebbe aver avuto dei discendenti diretti, un titolo come «We’re All Jesus’ Children», di Steve Olson (Los Angeles Times, 19 maggio 2006; vedi anche «Why We’re All Jesus’ Children», Slate, 15 marzo 2006) non può mancare di destare qualche curiosità; soprattutto quando cominciando a leggerlo ci si imbatte quasi subito in questa affermazione apparentemente straordinaria: «If anyone alive today is descended from Jesus, then so are most of the people on the planet».
La tesi di Olson (pubblicata in origine sull’autorevole rivista Nature, a firma sua e di altri due studiosi) è la seguente. Supponiamo che ognuna delle persone oggi viventi possegga un archivio in cui siano elencati, anno per anno, e risalendo sempre più indietro nel tempo fino agli albori della storia, tutti i propri antenati allora viventi. È intuitivo come prendendo due di queste liste per due persone a caso e per uno stesso anno sufficientemente lontano nel tempo, si finiranno per trovare dei nomi identici: nel 1977 io e mia cugina Anna avevamo ancora una nonna in comune; nel 77 d.C. io e Steve Olson potremmo aver avuto – per esempio – uno stesso avo romano, il cui figlio stava per partire al seguito di Giulio Agricola per la Britannia e la cui figlia sarebbe invece rimasta in Italia. Ebbene, si dimostra matematicamente che da un certo anno in su, tutte queste liste diventano esattamente uguali: da allora, risalendo indietro nel tempo, ognuno di noi ha esattamente gli stessi antenati (le differenze fisiche tra i vari popoli sono dovute alle diverse percentuali dei geni ereditati). In altre parole, fino a un certo anno del passato, ogni essere umano mai vissuto o è l’antenato di ogni persona oggi vivente o non è l’antenato di nessuna delle persone oggi viventi. E questo anno, cosa più straordinaria di tutte, è molto recente: le stime (ovviamente molto approssimative) oscillano tra il 13000 e il 3000 a.C. Se poi adottiamo condizioni meno stringenti – vale a dire, se invece di considerare l’intera popolazione umana di oggi ne escludiamo i gruppi più isolati – quella data diventa molto più recente, e potrebbe forse persino risalire a 2000 anni fa; ed è per questo che Olson può affermare che, se Gesù avesse ancora oggi dei discendenti, questi coinciderebbero con molta probabilità con buona parte dell’attuale umanità, e certamente con la stragrande maggioranza dei popoli dell’Europa e del Medio Oriente, visti gli scambi molto intensi fra le due regioni.
Naturalmente la possibilità che Gesù abbia lasciato una prole vivente è estremamente remota: le fonti in nostro possesso ne avrebbero sicuramente parlato, a meno di non immaginare inverosimili complotti alla Dan Brown. Ma le stesse fonti consentono di formulare un’ipotesi quasi altrettanto interessante. Tutti, prima o poi, abbiamo trovato nel Nuovo Testamento la menzione di certi «fratelli e sorelle» di Gesù; e a tutti, quando abbiamo chiesto spiegazioni al parroco o all’insegnante di religione, è stato risposto che si trattava in realtà di «cugini». Ma gli studiosi criticamente più avvertiti ritengono (anche se le incertezze in effetti non mancano) che si tratti più probabilmente di veri fratelli e sorelle di Gesù, anche se non è chiarissimo se fossero figli di Giuseppe e di Maria o di solo uno di essi. Ora, sappiamo che è esistita per qualche tempo in Palestina una sorta di dinastia di discendenti di questi personaggi, che una fonte chiama desposynoi, «appartenenti al Signore» (per saperne più si può leggere un articolo di quello che è probabilmente il massimo esperto della questione: Richard Bauckham, «The Relatives of Jesus», Themelios 21, n. 2, 1996, pp. 18-21, oppure il suo libro Jude and the Relatives of Jesus in the Early Church, Edinburgh, Clark, 1990); è quindi del tutto possibile che costoro abbiano lasciato una vasta discendenza, della quale, se Olson ha ragione, facciamo quasi certamente parte anche noi: Cristo non sarà nostro padre, ma nostro zio sì.
Questa teoria costituisce un contrappeso benvenuto alle indagini molto pubblicizzate sui lignaggi umani materni e paterni, basate rispettivamente sull’esame del DNA mitocondriale e del cromosoma Y, che danno un’immagine divisiva (e fuorviante) dell’umanità. La notizia che la stragrande maggioranza degli occidentali e dei popoli del Medio Oriente (Ebrei compresi) annovera quasi certamente tra i propri avi – come ci spiega Mark Humphrys («Common ancestors of all humans») e come ribadisce altrove lo stesso Olson («The Royal We», The Atlantic Monthly, maggio 2002) – il profeta Maometto, avrà ovviamente un valore solo simbolico, ma merita nondimeno, credo, di essere conosciuta e diffusa.
Postilla. Anni fa il grande psicoanalista Cesare Musatti scrisse un libro (Il pronipote di Giulio Cesare, Milano, Mondadori, 1979) in cui sosteneva, sempre ricorrendo alla statistica, una tesi simile a quella di cui abbiamo parlato. Sarebbe interessante sapere quali fossero esattamente i suoi argomenti.
sabato 3 giugno 2006
Il pronipote di Gesù di Nazareth
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