mercoledì 21 giugno 2006

Il Testamento biologico secondo la Fondazione Veronesi

Sul sito della Fondazione Veronesi è da ieri disponibile la versione del Testamento biologico di cui si è parlato nei giorni scorsi. Si tratta di una iniziativa assolutamente lodevole; i commenti a caldo che seguono vogliono quindi essere soltanto una critica costruttiva.
Il punto centrale del documento recita:

In caso di:
  • malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante
  • malattia che mi costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione
chiedo di non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico né a idratazione e alimentazione forzate e artificiali in caso di impossibilità ad alimentarmi autonomamente.
Diciamo subito che sarebbe stato forse preferibile non proporre un’unica condizione di partenza e un’unica conseguente richiesta, ma articolarle meglio: si può essere contrari ad essere tenuti in vita con trattamenti terapeutici e allo stesso tempo inorridire di fronte alla prospettiva di non venire più alimentati, sia pure artificialmente; si può desiderare la sospensione delle cure in caso di morte cerebrale, ma non nel caso in cui un’altra condizione patologica costringa a dipendere da un respiratore artificiale.
A proposito della «malattia che … costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione», non è ben chiaro cosa si intenda con questa definizione; manca in particolare qualsiasi accenno a una condizione di coscienza ridotta o annullata, che sola renderebbe necessaria la consultazione del Testamento biologico per ricostruire la volontà del paziente: condizione che naturalmente gli estensori del documento avranno dato per scontata, ma che per molti motivi sarebbe preferibile citare esplicitamente. Anche il riferimento alla impossibilità di «una normale vita di relazione» sembra leggermente infelice: o il paziente si trova appunto in una condizione di vigilanza alterata, e allora la specificazione è in sostanza superflua, oppure (ma si tratta di un caso assurdo) il paziente è capace di intendere e di volere, e allora l’espressione copre fatalmente casi in cui si potrebbe condurre una vita nonostante tutto accettabile. Forse sarebbe meglio parlare di una condizione in cui la dignità del paziente sia gravemente compromessa.
Va infine notato come la necessità proclamata di firmare il documento di fronte a un notaio rischi di costituire una barriera non solo o non tanto economica, ma anche psicologica, e di rendere l’espressione delle volontà di fine vita accessibile solo a una cerchia ristretta di persone.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

credo che l'importante sia iniziare, perché la medicina è sempre più in grado di impedire a oltranza la morte senza però saper restituire la vita. (thewreck)

Anonimo ha detto...

I preti troveranno da ridire sull'iniziativa.

Anonimo ha detto...

penso che per rendere effetivamente utili per tutti proposte del genere sia necessario stimolare e ottenere un adeguata dicussione pubblica riguardo a questi temi così delicati e pieni di variabili