martedì 27 giugno 2006

Al Foglio il diavolo fa i coperchi, ma non le pentole

Sul Foglio di oggi troviamo un’intervista a Geneviève Delaisi de Parseval, psicanalista francese e commentatrice di questioni di bioetica (Marina Valensise, «“Dottoressa, che ne sarà di quei diciannove piccoli né morti né vivi?”», 27 giugno 2006, p. 2). Dando un’occhiata di sfuggita al sottotitolo, «La provetta abbandona in frigorifero vite umane, che non possono essere considerate effetti collaterali», uno immagina che l’articolo seguirà gli schemi di cento altri articoli del Foglio: le parole d’ordine ci sono tutte. «Vite umane», «abbandonare»: sarà probabilmente un peana all’adozione degli embrioni sovrannumerari, in puro stile Dallapiccola, conclude il lettore distratto; e sta già per passare al più gustoso Giulio Meotti, sulla stessa pagina («il quaranta per cento dei musulmani della città [di Londra] si dice favorevole all’introduzione della sharia»: sarà ancora troppo presto per mettere da parte i quattrini della gizya?), quando con la coda dell’occhio nota qualcosa che non si aspettava, all’inizio dell’intervista: «Geneviève Delaisi de Parseval si batte da anni contro il dono degli embrioni, che la legge francese autorizza». Comincia a leggere, allora, e poco dopo trova questo:

L’idea di donare gli embrioni sovrannumerari nasce in ambienti cattolici. “C’è tutta una lobby favorevole al dono per evitare la distruzione della vita umana. A cominciare da Jean-François Mattei, genetista, deputato, ex ministro della Sanità e fautore nel 1994 della prima legge sulla bioetica”. Ma l’idea trova resistenze anche nei genitori. “Le coppie che devono scegliere cosa fare dei loro embrioni sono molto turbate. Alcune hanno paura di darli alla scienza. Altre pensano che farne dono ad altre coppie sarebbe un gesto generoso, ma poi esitano”. Capiscono che quell’embrione è un gemello potenziale di loro figlio, e che tra venti o trent’anni potrebbe incontrarlo sui banchi dell’università, innamorarsi di lui, e addirittura avere accesso alle origini, presentandosi dai donatori e accampando diritti.
La legge francese inoltre ha molte falle, secondo Geneviève Delaisi. “Nel caso di un’adozione, si ha una filiazione ben più solida di quella naturale. Nel caso di un dono di embrioni, invece, non c’è una sentenza di tribunale, ma un semplice consenso dato in ospedale, consenso al dono da parte dei donatori e all’accoglienza da parte di chi riceve. Immaginiamo che da quell’embrione nasca un handicappato. Nessuna legge potrà obbligare i genitori a tenerselo. Di un bambino adottivo non puoi disfartene, di un nato da un dono di embrione sì”.
Sono queste dunque le ragioni per le quali Geneviève Delaisi è contraria al dono di embrioni, e si batte invece per il doppio dono di gameti, che la legge vieta mentre autorizza solo il dono di sperma in caso di sterilità del padre, e di ovociti in caso di sterlità della madre. “Perché ricorrere al doppio dono quando esistono già embrioni belli e fatti? Io ho molti pazienti che vanno in Spagna o in Inghilterra dove il doppio dono di gameti è autorizzato. E si capisce perché. Non hai il figlio di qualcun altro. Non rischi che tuo figlio tra vent’anni s’innamori di sua sorella. La storia genetica delle persone è un dato innegabile, il tabù dell’incesto fa parte della nostra cultura. Il che pone problemi filosofici ed esistenziali mostruosamente complicati. Non che sia una fanatica, ma se la clinica medica consente il doppio dono, perché non autorizzarlo?”.
Sì, d’accordo, direte voi, siamo lontani da Dallapiccola; ma cosa pensa la dottoressa sullo statuto dell’embrione? Per saperlo bisogna cercare lontano dal Foglio, in un articolo che la Delaisi de Parseval ha scritto qualche anno fa con Pauline Tiberghien («Le don d’embryon, une bombe à retardement», Libération, 18 settembre 2004):
Ce qui est jugé bon pour une partie conservatrice de l’opinion (la sacralisation de quelques cellules) devrait-il faire loi? Nous ne le pensons pas.
Per le due autrici, inoltre, è bene che gli embrioni rimangano in frigorifero, a disposizione dei genitori, che non devono essere obbligati a scegliere il loro destino.
Come mai, allora, il sottotitolo fuorviante? Sbaglierò, ma credo che qualcuno al Foglio si aspettasse un esito un po’ diverso dall’intervista; poi, visto che gli pareva brutto buttarla via, ha deciso di coprirla con un coperchio per nasconderla un po’...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Le solite merde delle propaganda clericofascista.
(Malvino)