Il codice penale italiano, all’art. 578, prevede il delitto di infanticidio e di feticidio (anche se nel titolo è nominata solo la prima fattispecie):
Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e moraleSi ha dunque infanticidio se il bambino viene ucciso immediatamente dopo il parto, feticidio se il fatto avviene durante il parto (verosimilmente, non appena sia fuoriuscita la testa). Come si vede, il delitto è autonomo rispetto all’omicidio solo in quanto è commesso dalla madre, e determinato da «condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto»; in caso contrario, il fatto ricade pienamente nella fattispecie dell’omicidio (art. 575 c.p.); si può continuare a parlare di infanticidio (e di feticidio, che però è legato a circostanze rarissime), naturalmente, ma non di uno specifico delitto. Nei fatti di Napoli il termine «feticidio» sembra dunque essere stato usato in modo doppiamente improprio.
La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall’articolo 61 del codice penale.
4 commenti:
Beh, il problema è come chiamarlo? Infanticidio, feticidio, figlicidio???
Cominciassimo una volta per tutte a pensare che si tratta solo ed esclusivamente di OMICIDIO!!!
Mi lascia disorientato il fatto che il nostro ordinamento inserisca da una qualche parte la parola "morale". In questo caso per esempio non mi è chiara la fattispecie di "abbandono morale". Come lo si può definire? Che margine interpretativo viene lasciato al giudice? Totale, penso.
Paolo, qui "morale" significa semplicemente "non materiale", come nelle locuzioni "danni morali" (in opposizione o in aggiunta ai danni materiali) o "sostegno morale" (quello che si presuppone sia venuto a mancare nella fattispecie).
Grazie Giuseppe! Non so bene per il caso di "sostegno morale", ma certammente nel caso di danno morale, in effetti, il giudice ha libera facoltà interpretativa, chiedendo risarcimento da zero a quanto stabilisce lui. La differenza, comunque, è tra il civile e il penale: una cosa è quantificare, in modo inevitabilmente e instrinsecamente arbitrario, l'entità di un danno moarle, un'altra stabilire se si è commesso un reato penalmente punibile. La fattispecie stessa di reato, appunto, deve essere decretata dal giudice definendo un caso di abbandono morale. Non dico che questa norma non debba esserci nel codice, ma forse dovrebbe essere definita in modo più preciso. Anche perché l'abbandono morale è alternativo a quello materiale, ovvero la legge suggerisce che pur non verificandosi l'abbandono materiale la persona può essere ancora rea di addandono morale. Quindi il giudice, appurato per esempio che non ci sia stato abbandono materiale, deve stabilire se c'è stato abbandono morale ed eventualmente condannare il reo ad una pena (non amministrativa).
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