venerdì 29 febbraio 2008

Walter Veltroni. L’etica della responsabilità/2 (ovvero “ma anche”)

Segue dalla prima parte.

Si tratta dunque di superare la contrapposizione secca che divide, che bolla gli uni come “oscurantisti” e gli altri come “laicisti esasperati”, per arrivare a una reciproca considerazione.

E’ proprio l’importanza e la complessità dei grandi temi che la modernità ci pone di fronte, a rendere essenziale la tensione verso una laicità eticamente esigente, una laicità che sappia sostituire al paradigma dell’“aut-aut” quello dell’“et-et”.
[Eccolo qui: il “ma anche” veltroniano, intramontabile, passepartout politico, talmente buono per tutte le occasioni da essere inadatto in qualunque circostanza – proprio come un abito che abbia la pretesa di andar bene sia per la caccia alla volpe che alla merenda tra amici più o meno fidati. Sebbene “et-et” suoni aulico, è sempre il solito “ma anche”]
Nei momenti migliori della nostra storia è stato così. Ed è così che l’Italia è sempre andata avanti, ha superato i momenti più difficili, è cresciuta.

Pensiamo proprio all’esempio della Costituente, a quando tra quei banchi si discusse se la nuova Costituzione dovesse avere un presupposto ideologico e un punto di incontro, e questo punto di incontro fu trovato nell’idea della dignità della persona umana.
[Non scherziamo eh]
Ecco un esempio di sintesi, di reciproco arricchimento, di perseguimento concreto del bene comune: era una idea di matrice cristiana che, laicamente declinata, ha ispirato largamente il testo costituzionale.
[Ma chi è il consulente storico di Uolter? Una idea di matrice cristiana? Va bene che la rivoluzione copernicana non è stata ancora digerita, ma è davvero esagerato questo protagonismo dei valori cristiani, nella totale ignoranza di quello che succede e che è successo oltre il vostro naso. Oltre alla matrice, poi, bisogna vedere come avviene la declinazione. E la Costituente potrebbe ispirarvi, ma non dovete barare, altrimenti non vale]
Allora io mi chiedo cosa debba mai impedire che quella straordinaria intuizione, il primato della dignità della persona umana, sia oggi principio animatore della vita associata. Mi domando cosa debba mai impedire che essa ispiri, ad esempio, una laicità e una libertà di coscienza e di religione che non neghino, anzi valorizzino, l’apporto delle esperienze religiose alla vita sociale.
[Io provo a risponderti: se la dignità è oppressa e limitata dalla coscienza di qualcuno altro, ecco che la dignità non è più tale. In altre parole: la dignità richiede il rispetto della libertà individuale (niente sacralità e inviolabilità della vita, solo per fare un esempio). Sulla libertà di religione non ho nulla da obiettare: ma non calcate la mano. La religione è una scelta privata e personale, come i gusti alimentari o quelli musicali. La laicità non ha bisogno del cattolicesimo (perché tanto di questo si parla: la religione è quella cattolica, le altre confessioni sono schifate o trattate come errori di gioventù]
Sono domande che io credo sia giusto porsi soprattutto oggi, in un tempo così denso di cambiamenti e così insicuro.

Chiunque si metta in ascolto con mente aperta e libera percepisce oggi, nelle nostre società, uno smarrimento diffuso. Individuale, ma anche collettivo. Una vera e propria “perdita di senso”, sotto una fitta coltre di egoismo e di cinismo. Un deserto di valori, che conduce all’indifferenza verso ogni regola morale, che fa della vita e dei sentimenti degli altri una variabile che non conta, perché l’unica cosa importante è procedere a tutta velocità, e nel modo più facile possibile, nella ricerca del proprio ed esclusivo benessere. E in questa ricerca, che è poi ricerca del “successo”, perché è l’approvazione esterna che conta mille volte di più della soddisfazione personale, è importante non “essere”, ma “apparire”. Non il cammino, ma il traguardo da tagliare per primi, se necessario anche deviando dal percorso, prendendo una scorciatoia non consentita. Questo è il messaggio che arriva, purtroppo soprattutto ai giovani, dalla cultura oggi predominante.
[Ci mancava il predicozzo sulla falsariga di “signora mia dove siamo finiti”. Sarebbe interessante domandare a Veltroni se è in cerca di soddisfazione personale oppure di approvazione esterna]
Oggi la grande questione di fronte a noi è quella dei valori. Valori consumati dalla cultura predominante del nostro tempo, che è, “ingannevolmente, quella dello ‘star bene’ come principio assoluto”, per riprendere le parole scelte in occasione della scorsa Pasqua dal Cardinal Martini. Valori senza i quali una società non può stare insieme, non è nemmeno più tale, e un individuo rischia di essere solo un viandante privo di meta, privo del senso stesso del suo cammino.
[Ecco qua: si parla di valori e sbuca il cardinale. Che di valori se ne intende più di tutti gli altri. Se il senso del cammino può radicarsi soltanto nella religione, se il valori sono quelli indicati dalle gerarchi clericali, ecco se le premesse sono queste, la conclusione sarà inevitabilmente molto discutibile. Tra le dimenticanze veltroniane ne spicca una in particolare: la abissale asimmetria tra laicità e teocrazia. Simile a quella tra libertà e coercizione legale. Nel primo caso chi vuole sottoporsi ai gioghi religiosi o statali può farlo. La libertà permette anche di essere schiavi. Al contrario non funziona!]

2 commenti:

paolo de gregorio ha detto...

Oggi la grande questione di fronte a noi è quella dei valori. Valori consumati dalla cultura predominante del nostro tempo, che è, “ingannevolmente, quella dello ‘star bene’ come principio assoluto”

Io la rivolterei questa osservazione: ma non potrebbe venire il sospetto a Veltroni che al contrario sia il pensiero cattolico dominante quello che vuole che qualunque conquista debba passare necessariamente attraverso sofferenza, astensione, privazione, rinuncia, senso di colpa? Esiste un'altra via possibile rispetto a quella cattolica (e ora veltroniana) in risposta alla rincorsa dello star bene a tutti i costi, anche a discapito degli altri: ed è quella di perseguire la felicità senza ledere i diritti degli altri, al contrario coinvolgendo gli altri. Non c'è nulla di male a voler star bene, casomai è il "costi quel che costi" che può ingenerare contrasti. Ma altrettanto vale per lo star male "costi quel che costi".

Condivido anche le tue tante lamentele riguardo la percezione che alcuni non-credenti non siano in grado di scorgere i principi morali universali. Mi duole dire che quello che sembra mancare, anche a Veltroni, è la conoscenza della Storia (ma la Dichiarazione dei diritti dell'Uomo e del cittadino del 1789 è merito anche quello della Chiesa? O non avrà un po' ispirato, giusto un pochettino ma appena appena, anche i nostri costituenti?).

Pat pat ha detto...

Oddio, non lo sapevo ma a quanto pare dientro alla maschera di Don Camillo si nascondeva il Uolter