sabato 12 gennaio 2008

Povero Kant

È tra i più citati, poveretto. E come spesso accade, le sue parole sono state impoverite e sostituite come nel telefono senza fili (lo ricordate? Cominci da una parola o da una frase, poi in circolo ognuno bisbiglia al suo vicino e all’orecchio la parola o la frase prescelta; l’ultimo del giro ripete a voce alta: la deturpazione è assicurata). La sua morale ridotta a un paio di righe peggio delle perle di saggeza dei Baci Perugina. Questa è una delle ragioni per le quali è imprudente affidarsi agli argomenti di autorità – soprattutto se non si perde tempo a leggere chi autorevolmente si invoca, ma ci si accontenta del sentito ripetere fino alla noia.
Povero Kant.
Anche nell’ultimo post ci tocca leggere (detto da Luigi Ferrajoli):

È uno dei principi classici della morale laica, e direi della morale in generale, la seconda massima kantiana: nessuna persona può essere trattata come un mezzo, come uno strumento per fini non suoi.
Ebbene: una copia della Critica della Ragion Pratica costerà sui venti euro, magari si trova pure usata o in versione tascabile. Consiglierei vivamente di acquistarne una, e soprattutto di leggersela prima di citare massime kantiane o imperativi categorici (non sapendo nemmeno cosa Kant intendesse). E già che ci sono riporto un passaggio che potrebbe essere molto utile:
In tutta la creazione tutto ciò che si vuole, e su cui si ha qualche potere, può essere adoperato anche semplicemente come mezzo; soltanto l’uomo, e con esso ogni creatura razionale, è fine a se stesso. Vale a dire esso è il soggetto della legge morale, la quale è santa in virtù dell’autonomia della sua libertà. Appunto per quest’autonomia ogni volontà, anche la volontà, anche la volontà propria di ciascuna persona, rivolta verso la persona stessa, è condizionata dall’accordo con l’autonomia dell’essere razionale: è limitata cioè dalla condizione di non assoggettare quest’essere a nessun proposito, che non sia possibile secondo una legge la quale possa derivare dalla volontà dello stesso soggetto passivo; perciò di non adoperar mai questo semplicemente come mezzo, ma, nello stesso tempo, anche come fine.
(Libro I. Analitica, Capitolo III, Dei moventi della ragion pura pratica)

5 commenti:

Luca Massaro ha detto...

cara Chiara,
condivido il tuo Post, ma chiedo lumi.
Non ho ben capito se per te Luigi Ferrajoli ha citato Kant a sproposito o no. Dalla citazione kantiana che riporti mi pare che Ferrajoli sintetizzi bene il concetto (eppure tu scrivi "ci tocca leggere").
Grazie dell'aiuto a un duro di comprendonio.

Anonimo ha detto...

"nessuna persona può essere trattata come un mezzo" è diverso da "non adoperar mai questo semplicemente come mezzo"

Chiara Lalli ha detto...

Già. Una sola parola fa una gran differenza. Anche quanti citano Kant lo usano (auguriamo loro non semplicemnte come mezzo).

Galatea ha detto...

Lo usano come un mezzo, Kant, perchè ad usarlo intero ci si spaccherebbero i corni.
:D

Massimo Zambelli ha detto...

«Il secondo principio che Kant pone alla base della morale laica recita: "L'uomo va trattato sempre come un fine e mai come un mezzo". Un principio questo che, applicato alla questione dell'aborto, significa: non trattare la donna solo come un "mezzo" riproduttivo, imponendole in ogni caso la procreazione , ma come un "fine", e quindi come persona libera e responsabile delle sue scelte. Credo che bastino questi due principi *difficilmente contestabili* per ispirare un etica laica...» U. Galimberti su L'Espresso del 17-01-08

Che dice allora Kant? Qualcuno lo sta stirando dalla sua parte. Che sia la polemista Lalli?

Massimo