Sul Foglio di oggi troviamo per una volta un articolo informativo, a proposito di che valore dare alle scomuniche minacciate dal cardinal Trujillo nella famigerata intervista a Famiglia cristiana («La chiesa (per ora) lo difende anche senza scomuniche», 30 giugno 2006, p. III, dove «lo» si riferisce all’embrione, non al cardinale):
Per quanto riguarda il merito della questione nei palazzi vaticani si fa notare che López Trujillo non è un canonista, un esperto del diritto interno della chiesa, con l’aggiunta: “E si vede”. Nel Codice di diritto canonico in vigore, infatti, la scomunica latae sententiae per l’aborto procurato è espressamente prevista mentre non lo è per l’omicidio, ove si eccettui l’assassinio del Papa. Quindi sembra arbitrario estendere per analogia questa pena gravissima anche ad altre fattispecie di reato, come l’eliminazione dell’embrione, che non sono previste.D’accordo; ma allora non sarebbe il caso di mettere a capo del prestigioso Pontificio Consiglio per la Famiglia qualcuno che le spari un po’ meno grosse? López Trujillo lo vedrei meglio, che so, a presiedere l’Ufficio Filatelico e Numismatico della Città del Vaticano. A meno che Sua Eminenza non serva proprio a questo: a fare la faccia feroce...
Ci spiega un canonista della Curia romana che le leggi penali della chiesa, proprio perché qualificate come “odiose”, non conoscono l’estensione per analogia e debbono essere invece sempre applicate in senso restrittivo. Quindi eventualmente ci potrà essere scomunica per chi distrugge l’embrione solo quando questo verrà espressamente previsto dal Codice di diritto canonico, il che presumibilmente potrà avvenire solo quando la chiesa avrà solennemente e chiaramente definito l’embrione come persona umana.
Ed è questo il punto. Finora questo pronunciamento definitivo non sembra esserci, ma l’argomento è in discussione in modo riservato sia nel pontificio consiglio per la Famiglia sia, soprattutto, nella congregazione della Dottrina della fede, e le posizioni non sono unanimi. Quella di López Trujillo, che pure è il membro in servizio più anziano dell’ex Sant’Uffizio, è chiara. Ma non trova molti seguaci. …
Comunque, su questi argomenti nella chiesa cattolica non si legifera a colpi di maggioranza, e alla fine è il Papa che decide (o decide di non decidere). Fino a quel momento le dichiarazioni del cardinale López Trujillo, fa notare il nostro interlocutore, hanno l’autorevolezza di un “ministro” di un dicastero di seconda fascia della Curia romana. “Non proprio lo stesso valore che potrebbero avere le dichiarazioni di un ministro senza portafoglio del governo Prodi come Rosy Bindi, ma il paragone rende l’idea”.
Aggiornamento: Malvino, nel primo post del 2 luglio, sostiene che López Trujillo ha ragione, e Il Foglio torto: «aborto» significa «uccidere prima della nascita», quindi ogni pratica che produca la morte di un embrione è, alla lettera, aborto, e come tale cade sotto la mannaia del Codice di Diritto Canonico, che la colpisce di scomunica.
Il ragionamento castaldiano è, more solito, assai raffinato; ma ho la sensazione che incorra nella fallacia etimologica. Nel linguaggio corrente – che, devo pensare, è in questo caso anche quello del Codice – «aborto» significa solamente «interruzione della gestazione»; tant’è vero che del tecnico di laboratorio che scarta l’embrione difettoso o scongela e getta quello non più impiantabile, non diremmo mai che «ha eseguito un aborto».
Aggiornamento 2: la stessa Istruzione Donum vitae della Congregazione per la dottrina della fede afferma (I,5):
Nella pratica abituale della fecondazione in vitro non tutti gli embrioni vengono trasferiti nel corpo della donna; alcuni vengono distrutti. Così come condanna l’aborto procurato, la Chiesa proibisce anche di attentare alla vita di questi esseri umani.lasciando intendere che le due pratiche sono distinte (anche se ovviamente molto simili fra loro).
Aggiornamento 3: l’Aggiornamento 3 era troppo lungo, e quindi occupa un post a parte.