lunedì 29 gennaio 2007

11 febbraio 2007: referendum sull’aborto in Portogallo

Portogallo, migliaia in strada contro l’aborto, EuroNews, 29 Gennaio 2007:

Una “marcia per la vita” si è svolta a Lisbona. Più di 8 mila persone sono partite dalla Maternità del più grande ospedale portoghese e per due ore e mezzo hanno sfilato per le vie della capitale gridando slogan e brandendo striscioni contro l’aborto. Presenti anche delegazioni straniere, giunte da Francia, Spagna e Italia. È entrata dunque nella fase finale la campagna per il referendum dell’11 febbraio, quando i portoghesi saranno chiamati a dire sì o no alla legge che liberalizza l’aborto nelle prime 10 settimane di gravidanza.
Per il cattolico Portogallo l’aborto è un tema scottante. Fino al 1984 le donne che interrompevano volontariamente la gravidanza erano punibili fino a 8 anni di carcere.
Il Portogallo è oggi uno dei pochi Paesi dell’Unione europea che ancora proibiscono l’aborto nelle prime dieci settimane. È possibile soltanto in circostanze eccezionali (fino alla 12ª settimana di gravidanza in caso di rischio di vita o salute mentale della donna e fino alla 24ª settimana in caso di violenza o malformazione del feto). La liberalizzazione dell’aborto era già stata approvata dal Parlamento nel 1998, ma solo per un voto. E un primo referendum è stato boicottato dalla maggioranza degli elettori: il 70% dei cittadini non andò a votare.

Non mancano le polemiche e le ingerenze della Chiesa (La chiesa portoghese interviene nella campagna referendaria sull’aborto, EuroNews, 14 gennaio 2007):
Questo fine settimana è scesa in campo la chiesa cattolica con un pellegrinaggio al santuario di Fatima. Durante l’omelia di sabato il vescovo Antonio Marto ha definito l’aborto “una piaga sociale” che “riduce la vita umana a un prodotto biologico”.
Il primo ministro socialista Jose Socrates ha dichiarato: “Sono favorevole perché sono contro l’aborto clandestino, impossibile con la nuova legge, e perché voglio una normativa che non preveda il carcere come soluzione, perché la prigione non risolve ma aggrava il problema”. (Secondo una stima approssimativa ogni anno circa 10.000 donne si presentano negli ospedali pubblici per complicazioni provocate da aborti illegali e quasi tutte sono d’una classe sociale medio-bassa, perché chi può va nelle cliniche inglesi, olandesi o spagnole.)

Se gli elettori sosterranno il “Sì” il cambiamento sarà notevole. L’interruzione di gravidanza sarà possibile su richiesta della donna, per la sua «integrità morale, dignità sociale o maternità consapevole», spostando la prospettiva dalla parte della donna e cercando di porre rimedio all’oscenità degli aborti clandestini.

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