lunedì 8 gennaio 2007

L’appèndice di Ashley

A superando.it arriva il commento sul caso Ashley di Marina Cometto, Presidente dell’Associazione x disabili gravissimi “Claudia Bottigelli”, intitolato Il “bonsai umano” (non ci è dato di sapere se il titolo sia stato scelto dall’autrice, ma sul concetto non è possibile nutrire alcun dubbio).

Vorrei esprimere la mia opinione di genitore e di presidente di un’associazione che si occupa di famiglie con figli portatori di gravissima disabilità, sulla vicenda degli interventi chirurgici demolitori e farmacologici attuati sul fisico di Ashley, una bambina di 9 anni gravemente disabile, di Seattle negli Stati Uniti.
E subito vorrei dire che si è perpetuata una grave crudeltà ai danni di una persona non in grado di intendere e di volere e per motivazioni che – mi si permetta di dirlo – sono assolutamente irrilevanti, quasi irreali.
(Nel testo originario ci sono diverse parole in grassetto, io non le ho riprodotte per una questione estetica.)
Questa è la premessa; in realtà leggendo oltre non si troveranno molte spiegazioni. Solo rincari alla premessa: è un orrore, è mostruoso e così via.
Riportare come motivazione principale (se non addirittura unica) degli interventi cui Ashley è stata sottoposta il “bloccare la crescita per gestirla meglio” è quantomeno parziale. E Marina Cometto subito sottolinea la sua riprovazione: “Una cosa aberrante anche solo da pensare!”.
Poi elenca per sommi capi gli interventi e sembra particolarmente scandalizzata per l’asportazione dell’appendice (“mentre c’erano le hanno anche tolto l’appèndice in via preventiva...”).
Accento grave sta ad indicare la e aperta. Molto impero austroungarico mettere l’accento alla parola “appendice” (mettere alle parole gli accenti in generale).
Forse appéndice (con l’accento acuto) sta a denotare qualche altra cosa? Perché in caso contrario sarebbe del tutto superfluo accentare una parola più che monosillabica o che non ha un gemello con un altro significato.
Ap-pèn-di-ce: parola sdrucciola (accentata sulla terzultima sillaba), con la e aperta.
Ma l’accento, in caso, non dovrebbe stare sulla i??
Appendice, singolare femminile, 3 sf {anatomia} prolungamento vermiforme dell’intestino cieco. Eh sì, niente accento. Tuttavia l’accento, se proprio ce lo vogliamo mettere, cade sulla i.
(Le signore bene adorano uscire con bellimbusti di sangue blu, meglio se all’apice della scala nobiliare. Però, se si incaponiscono a dire che loro escono con dei princìpi, non se la devono prendere se la reazione è una gran risata. Come si fa poi ad uscire con un princìpio?)
Strano che sia un errore di battitura: la è e la é sono piuttosto distanti nelle tastiere dalla e. E allora?

Accenti a parte, eccoci al cuore dell’accusa: il trattamento che “ha dovuto subire” Ashley è “un trattamento medico degno di un lager”.
Io di questi paragoni non ne posso più. Non ce la faccio più, imploro pietà.
Non ne posso più di questa idiozia e ignoranza mascherate da pareri di esperti.
“Se la bimba non avesse avuto una disabilità intellettiva i genitori e i medici avrebbero perseguito la stessa strada? Oppure la disabilità intellettiva preclude anche il fatto di essere considerati esseri umani e come tali essere trattati?”, che domanda è? La bimba non ha una disabilità intellettiva che la rende un po’ diversa dagli altri bambini. E nessuno (tantomeno Marina Cometto) ha dimostrato che Ashley non sia stata trattata bene. E che gli interventi non siano stati compiuti nel suo migliore interesse. Di Ashley.
Se Cometto ha altre idee, va benissimo. Ma che tenesse la bocca chiusa sulle decisioni altrui, soprattutto se non ha altro da dire che insulti privi di fondamento. Perché parlare di garantire “il normale ciclo vitale di ogni essere umano” o di “accogliere le sue esigenze e risolverle e non viceversa” (parla della propria figlia con una patologia simile a quella di Ashley) rischia di essere miope. E come al solito rischia di trasformare una scelta nella Verità.
Oltre a manifestare un pessimo gusto, affermando che “quei genitori e […] quei medici […] hanno creato un vero e proprio bonsai umano”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Di fronte a un caso tanto doloroso e preoccupante non trovate niente di meglio da fare che prendere un giro una parola scritta non come dite voi? Magari per distrazione? Mi sembra che il caso di questa povera bambina meriterebbe rispetto. Così come quelli che dicono che l'intervento che ha dovuto subire è una crudeltà.

Marco