Nel SIR, Servizio di informazione religiosa, si commenta il sondaggio Eurispes sulle decisioni di fine vita (Troppa confusione, 19 gennaio 2007):
Per Maria Luisa Di Pietro, docente all’Università Cattolica e presidente dell’Associazione “Scienza e vita”, i dati diffusi dall’Eurispes “andrebbero verificati su campioni diversi, esposti a un’informazione più adeguata”. “La maggioranza della gente – denuncia Di Pietro – non ha la consapevolezza che l’eutanasia è l’uccisione di una vita umana, sia che essa venga effettuata dando o sottraendo qualcosa”. No, dunque, al “linguaggio semplificato dello staccare o attaccare la spina”, sì invece a “proporre alternative, come le cure palliative, che diano alle persone mezzi e strutture per poter essere accompagnate anche nelle fasi finali della loro vita in modo confacente al rispetto della dignità umana”. Altra distinzione fondamentale è quella tra “terapie” e “cure”: “Se è vero – spiega l’esperta – che esistono terapie che possono essere sospese se sproporzionate, è anche vero che una società solidale e aperta alla fragilità deve continuare a prendersi cura delle persone anche quando le terapie non risultano più efficaci”.Ovvero.
1. Le persone sono ignoranti e cretine, secondo l’esperta. Non hanno idea di cosa significa quanto si sta domandando loro e danno risposte a casaccio.
2. Il No non riguarda le scelte linguistiche (staccare o non staccare la spina – concordiamo sull’infelicità delle espressioni) ma le scelte concettuali. Secondo l’esperta in nessun caso la scelta di rifiutare le cure e di morire può essere ammissibile.
3. L’esperta non fornisce una distinzione soddisfacente tra “terapie” e “cure”. Ma soprattutto non può sperare di avere dimostrato alcunché.
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