Trasversalità come etica a garanzia dei valori, Avvenire, 17 gennaio 2007:
C’è chi continua a travestire in una questione di «laicità» e di «libertà personali» il tentativo di dare forma – attraverso i cosiddetti “pacs” – a una sorta di “matrimonio di serie B”. Ma, sebbene il battage pubblicistico di sostegno non perda d’intensità, l’operazione comincia a mostrare la corda. Al cospetto dei serissimi problemi di un Paese che attende con urgenza (e ben comprensibile apprensione) politiche in grado di sostenere lavoro, famiglia e terza età, rivitalizzando e rendendo sostenibile nel medio-lungo periodo il nostro sistema di Welfare, appare infatti sempre più stridente la pretesa di imporre priorità discutibili e persino stravaganti. E si moltiplicano le pubbliche prese di posizione di quanti – richiamandosi alla nostra Costituzione, alla nostra cultura e alla nostra realtà sociale – non si rassegnano alla rischiosa leggerezza della corsa a normare per legge le unioni tra coloro che non vogliono (o non possono) sposarsi.Anche il seguito del pezzo non è male, con affermazione del tipo: “confuso e confusionario assioma pacs uguale progresso”, oppure: “non mancano i tentativi di capovolgere il senso delle cose, di trasformare la riflessione e l’impegno pro-famiglia in una «crociata anti-pacs» o, addirittura, in una «battaglia per la discriminazione sessuale»”, o ancora: “è una retorica cattiva e bugiarda, che riesce solo a far risaltare la coraggiosa linearità della posizione di quanti – come il senatore Bobba – valorizzano la possibilità di un dialogo virtuosamente trasversale su temi di valenza etica e non intendono delegare agli aggressivi pasdaran del radicalismo novista l’interpretazione autentica delle esigenze della società italiana” (quest’ultima affermazione mi è ermeneuticamente oscura).
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