venerdì 30 novembre 2007

Elena Cattaneo si dimette dal CNB

Ora vediamo cosa succede...

Presentazione di Dilemmi della bioetica


Piero Welby. Un anno dopo
Dibattito sui Dilemmi di Bioetica
di Chiara Lalli

Lunedì 10 dicembre ore 18.00
Bibli, via dei Fienaroli 28 (Trastevere)

con

Raffaele Carcano
(segretario UAAR)

Gilberto Corbellini
(Professore Ordinario di Bioetica e Storia della Medicina, università “Sapienza”, Roma)

Adele Parrillo

Mina Welby



Per informazioni:
chiara.lalli@gmail.com
Bibli: 06 5814534

Come arrivare:

Spe Salvi

Il Papa: «Marxismo e illuminismo. Ecco le speranze terrene fallite», titola Il Corriere della Sera (ma non è certo colpa sua, riporta solo le parole del papa, appunto; magari troppo acriticamente, ma è il papa che parla e sembra che in troppi cavalchino gli agomenti di autorità. Che tipo di autorità abbia il papa, forse, è un’altra storia) ispirandosi alla enciclica Spe Salvi, che pare essere di 77 pagine e mi perdonerete se non me la leggo per intero.
Basti scorrere qualche estratto del pezzo suddetto:

L’uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza perché un mondo che si fa giustizia da solo è un mondo senza speranza (il corsivo è quanto dichiarato da Benedetto).
E ancora:

La redenzione, la salvezza, secondo la fede cristiana [...] non è un semplice dato di fatto. La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. [...] l’elemento distintivo dei cristiani [è] il fatto che essi hanno un futuro. La loro vita [...] non finisce nel vuoto. Senza Dio, il mondo è buio, davanti a un futuro oscuro. [...] giungere a conoscere Dio, il vero Dio, questo significa ricevere speranza.
Può essere considerata una giusta speranza quella di ragionare? Non è in questione la legittimità di sperare e di credere; quanto la presunzione di definire questa speranza come ragionevole.
Immancabile il discorso del rapporto tra fede e ragione:
la ragione ha bisogno della fede per arrivare ad essere totalmente se stessa. Ragione e fede [...] hanno bisogno l’uno dell’altra per realizzare la loro vera natura e la loro missione. [...] il progresso è il superamento di tutte le dipendenze, è progresso verso la libertà perfetta. In ambedue i concetti libertà e ragione [...] è presente un aspetto politico. Il regno della ragione, infatti, è atteso come la nuova condizione dell’umanità diventata totalmente libera. [...] Se la libertà, a causa delle condizioni e delle strutture, fosse tolta agli uomini il mondo, in fin dei conti, non sarebbe buono, perchè un mondo senza libertà non è per nulla buono.
Solo il pervertimento del significato di ragione può rendere comprensibile il discorso suddetto. La ragione ratzingeriana appare essere esclusivamente la ragione divina (o religiosa). Così come è necessario intendere in un certo modo la libertà, per poter affermare con disinvoltura che la vera libertà è offerta dalla religione (cattolica, ovviamente).
bisogna ricordare che la libertà umana richiede sempre un concorso di varie libertà. Questo concorso, tuttavia, non può riuscire, se non è determinato da un comune intrinseco criterio di misura, che è fondamento e meta della nostra libertà. Diciamolo ora in modo molto semplice: l’uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza (Enciclica Spe Salvi, paragrafo 23).
Eccoci qua: la libertà è la libertà di credere e di aspirare a Dio.

P.S.: Ma che diavolo sarebbero i
?

Cordone ombelicale: banche private e conservazione autologa


Un piccolo passo avanti verso la conservazione autologa del cordone ombelicale, per poterne ricavare in caso di necessità staminali ad uso terapeutico si è compiuto il 27 novembre scorso alla Camera. La XII Commissione ha approvato un emendamento all’articolo 75 della Finanziaria che “autorizza la raccolta autologa del cordone ombelicale da parte di strutture pubbliche o private, accreditate e convenzionate con il Centro Nazionale Trapianti, d’intesa con il Centro Nazionale Sangue”. Senza oneri per il Servizio Sanitario Nazionale. Si è aperto così uno spiraglio nel muro che in Italia sbarra la strada, non solo alla possibilità di conservare il proprio materiale biologico e di utilizzarlo in caso di bisogno, e anche all'istituzione di banche private. Nel nostro Paese infatti il cordone ombelicale può solo essere donato. Per la conservazione a uso autologo, previa autorizzazione ministeriale concessa per particolari patologie genetiche conclamate, bisogna rivolgersi all’estero, e avere i denari.

“È un risultato importante: con la sola donazione e con le strutture attualmente disponibili sono tantissimi i cordoni che vanno sprecati», osserva Donatella Poretti, deputata della Rosa nel Pugno e tra i promotori dell’emendamento approvato. “Basti pensare”, continua la parlamentare, “che solo il 10 per cento dei punti nascita è in grado di raccoglierlo e che il sabato e la domenica è impossibile trovare una banca aperta”. In Italia ci sono solo 16 banche pubbliche, di cui però soltanto cinque, nel Nord Italia, funzionanti. L’emendamento conforma l’Italia a una direttiva europea (2004/23/CE), finora contraddetta da una ordinanza del Ministero della Salute del maggio 2007 che vieta l’istituzione di strutture private per la conservazione dei tessuti e delle cellule. Ma non c’è solo un problema logistico: è il divieto di conservare le cellule per se stessi (o, meglio, per la propria prole) che lascia a dir poco perplessi.

L’emendamento dovrà ora superare il vaglio della V Commissione (Bilancio e Tesoro). Donatella Poretti è abbastanza ottimista: “Avendo il consenso del governo e del ministro Livia Turco, mi aspetto un parere favorevole. L’emendamento è stato votato all’unanimità: perché la commissione Bilancio dovrebbe cassarlo? Questa è l’unica possibilità per evitare di trovarci a maggio senza una legge e con una nuova ordinanza”.

(Un passo che ci avvicina all’Europa, Galileo, 29 novembre 2007).

La vignetta: Cordone ombelicale, Tomaso Marcolla, 1993, acquerello, cm 30x42 (non è la prima volta che uso sui disegni e desidero ringraziarlo per la disponibilità con la quale sopporta questo saccheggio!).

giovedì 29 novembre 2007

Perché fa male vedere la televisione (e perché non bisogna pagare il canone RAI)

Tg2, verso la fine. Parte un servizio sull’evoluzionismo (rivisto da chissà chi).

Il cardinale Martino (mi sembra si chiamasse) impreca contro il darwinismo perché è il figlio del marxismo, che è poi relativismo nichilismo materialismo e altro ancora.
Rivolto all’intervistatrice domanda con veemenza: “Ma lei si sente figlia di uno scimpanzè?”.
Si scopre solo ora che l’occasione è la presentazione del libro di Rosa Scimpanzè Alberoni. Accanto a lei si scorge Buttiglione e altri babbei.
Ma diamo la parola all’autrice.
Le sue parole: “Io sono per la redenzione e per la creazione, che ci dice da dove veniamo.
La redenzione ci dice dove andiamo”. (Le vorrei dire io dove andare).
E poi passiamo la parola a Sermonti sul darwinismo, che contiene “l’orrendo gene del razzismo. È la sopraffazione del debole da parte del forte”.
Sic.

Si tradisce anche per ripicca e per noia

E chi lo avrebbe mai immaginato?
A me sembra una ipotesi davvero azzardata, credo che ci vorranno decenni affinché la società civile accetti un tale smottamento, una tale rivoluzione esplicativa delle care e vecchie corna.
Chi dovesse sentirsi tanto futurista da tollerare un panorama così sconvolto (niente a che vedere con la casalinga rivoluzione copernica) può approfondire leggendo il libro di Willy Pasini, Amori infedeli. Psicologia del tradimento (magari la portata innovativa è stata esasperata dal giornalista, ma non ci scommetterei nulla in mio possesso che abbia un pur mediocre valore, affettivo e economico che sia).

Omeopatia: fanatismo e inutilità

L’omeopatia non produce risultati migliori dell’effetto placebo. Sulla base di 5 studi clinici Ben Goldacre, medico e divulgatore per The Guardian e The British Medical Journal, spara a zero sull’omeopatia. In un commento su The Lancet, autorevole rivista medica, Goldacre demolisce le false credenze riguardo ai presunti benefici dell’omeopatia, enorme contenitore in cui confluiscono interessi commerciali, cattiva informazione e vera e propria ignoranza scientifica.
Ciò non significa che l’omeopatia non possa presentare una qualche utilità clinica, ma che è necessario chiarire la natura e la modalità di tale beneficio – che potrebbe essere definito “naturale” o casuale. Sono inoltre in agguato effetti collaterali e rischi nei rimedi omeopatici. Che vanno dall’eccesso di medicalizzazione al fornire una risposta sbagliata a condizioni che non possono essere risolte con la medicina, tradizionale o omeopatica che sia: malumori, stress o malesseri determinati da problematiche relazionali. Il motto “c’è una pillola (omeopatica) per ogni guaio” è falso. In assenza di una corretta informazione costituisce addirittura una violazione del consenso informato e dell’autodeterminazione dei pazienti, nonché un ritorno al logoro paternalismo medico.
Ma i rischi del fanatismo omeopatico non si fermano qui: i sostenitori, mettendo in discussione la medicina basata sull’evidenza, spesso non adottano misure profilattiche importanti (molti fautori dell’omeopatia si oppongono al vaccino contro la rosolia per i propri figli, ad esempio, o alla profilassi medica in generale) con effetti devastanti. Ne deriva anche un problema di salute pubblica, conseguenza della messa in discussione delle diagnosi e delle terapie proposte su base scientifica.
Un altro aspetto rilevante riguarda i finanziamenti pubblici alla ricerca e la possibilità di rimborso per terapie che non funzionano. In un contesto di allocazione di risorse limitate – onnipresente guaio dei sistemi sanitari pubblici – distinguere cosa funziona da cosa non funziona diventa un problema cruciale.
Novelli untori al contrario, cioè di quelli che “andauano ungendo le muraglie” accusati di diffondere la pestilenza, i maniaci dell’omeopatia si sottraggono alla dimostrazione della sua inutilità invocando ragioni mistiche e misteriose.
Non è in discussione la libertà individuale – anche quella di curarsi nei modi “sbagliati”. Ma per garantire che una simile libertà sia davvero tale, è necessario assicurare una corretta informazione e una approfondita comprensione dei meccanismi che soggiacciono alla omeopatia. Nella percezione comune, invece, l’omeopatia è spesso percepita come una valida alternativa alla medicina basata sulle evidenze scientifiche.

(I nuovi alchimisti omeopati dell’era globale, E Polis).

mercoledì 28 novembre 2007

La tela di Fiorenza Bassoli

Secondo il parere di Emanuela Baio, capogruppo in Commissione Sanità a Palazzo Madama (Testamento biologico/Baio: prezioso il lavoro [di] Fiorenza Bassoli, ApCom, 28 novembre 2007):

Stiamo svolgendo un lavoro serio e produttivo che continuerà nei prossimi mesi e preziosa e valida è stata in questo senso l’azione della relatrice Fiorenza Bassoli.
[...]
Sulle dichiarazioni anticipate di trattamento [...] restano punti irrisolti all’interno della maggioranza. Ma non ci siamo arenati, anzi siamo impegnati a trovare soluzioni e riteniamo che questo sia il modo corretto di lavorare su un tema eticamente sensibile come quello del Testamento biologico.
In sintesi, il modo corretto di lavorare è rimandare, magari con la speranza di scivolare in un pesante oblio. Si discute da oltre un anno e mezzo, si fanno audizioni, si ascoltano esperti, si rilasciano interviste, si organizzano convegni. Tema sensibile? Al di là della pessima espressione, se anche il testamento biologico (nella sua semplice derivazione normativa dal consenso informato + l’autodeterminazione + la possibilità di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario) richiede anni di discussioni, compromessi, cautele, dio ci salvi dal resto.
«Sono ottimista, la legge sul testamento biologico si farà», aveva dichiarato nel luglio passato Fiorenza Bassoli, dimenticando di specificare in quale millennio.
Sull’alimentazione e sulla respirazione artificiale restano posizioni diverse. C’è chi ritiene che non debbano essere considerate terapeutiche e chi invece ritiene di poterle sospendere proprio perché identificabili come una cura. È anche bene ricordare che nei paesi in cui è possibile da anni redigere un testamento biologico, come per esempio negli Stati Uniti, chi ha fatto questa scelta è una minoranza.
(Il corsivo è mio). Poi dicono che uno si incazza.
1. Chi ritiene e secondo quali argomenti? No, perché che succede se io ritengo che il sole gira intorno alla Terra? Mi ridono in faccia (di questi tempi c’è poco da scherzarci, comunque).
2. Qualcuno ha letto i documenti delle associazioni mediche? Se non ci si vuole complicare la vita con i documenti in inglese o in altre astruse lingue, basta andare sul sito della SINPE: è scritto in modo semplice, anche un idiota lo capisce.
3. Se anche fossero trattamenti assistenziali, sarebbe forse legittimo imporli a qualcuno che non li vuole? Come la chiamerebbe, Baio o altri, una assistenza imposta? Io la chiamerei imposizione.
4. Che cosa signifca che solo una minoranza ne farebbe uso? Che facciamo le leggi seguendo l’auditel? Sarebbe una grande idea, geniale oserei dire.

Insolito pied-à-terre

E abuso di incapace.
Una mistura di sfruttamento, violenza, pessimo gusto e caroaffitto (forse).

Olimpiche discussioni

Dibattito sul testamento biologico e altre amenità. Ieri a Roma, con Olimpia Tarzia, Mina Welby e Adriana Pannitteri (presso la libreria Rinascita).
Qui il video.
Qui invece alcune foto. Grazie a Letizia Palmisano (organizzatrice e moderatrice) e alla Associazione Sapere Aude.

martedì 27 novembre 2007

Rai1, 23.15

Si parla stasera di OGM.
Tra gli ospiti ci sarà Roberto Defez. Poi ci saranno anche altri, ovvio.

A very large ostacle called God


Are Scientists Playing God? It Depends on Your Religion, New York Times, 11/20/2007:

American and European researchers have made most of the progress so far in biotechnology. Yet they still face one very large obstacle — God, as defined by some Western religions.
[...]
Asia offers researchers new labs, fewer restrictions and a different view of divinity and the afterlife. In South Korea, when Hwang Woo Suk reported creating human embryonic stem cells through cloning, he did not apologize for offending religious taboos. He justified cloning by citing his Buddhist belief in recycling life through reincarnation.

When Dr. Hwang’s claim was exposed as a fraud, his research was supported by the head of South Korea’s largest Buddhist order, the Rev. Ji Kwan. The monk said research with embryos was in accord with Buddha’s precepts and urged Korean scientists not to be guided by Western ethics.
[...]
Most of southern and eastern Asia displays relatively little opposition to either cloned embryonic stem-cell research or genetically modified crops. China, India, Singapore and other countries have enacted laws supporting embryo cloning for medical research (sometimes called therapeutic cloning, as opposed to reproductive cloning intended to recreate an entire human being). Genetically modified crops are grown in China, India and elsewhere.

In Europe, though, genetically modified crops are taboo. Cloning human embryos for research has been legally supported in England and several other countries, but it is banned in more than a dozen others, including France and Germany.

In North and South America, genetically altered crops are widely used. But embryo cloning for research has been banned in most countries, including Brazil, Canada and Mexico. It has not been banned nationally in the United States, but the research is ineligible for federal financing, and some states have outlawed it.
I corsivi sono miei. Chissà se la strada giusta potrebbe essere quella di convertire gli italiani al buddismo...
La mappa (Laws on Cloning) è stata realizzta da Lee M. Silver, professore di biologia molecolare a Princeton.

lunedì 26 novembre 2007

Brilliance CT (3D)


Immagini tridimesionali del nostro corpo.
Qui il product tour e altre informazioni.

domenica 25 novembre 2007

Convegno di neurofilosofia

L’11 dicembre 2007, all’Università degli Studi di Milano, si svolgerà il convegno «L’illusione della libertà. Etica e processi decisionali», organizzato dal Gruppo interdisciplinare di studi «Immagini della mente». A discutere di libertà dal punto di vista etico, sociologico, neroscientifico e religioso, saranno Stefano Cappa, Alberto Panerai, Marco Poli, Gabriella Pravettoni, Patricia Churchland Smith, Edoardo Boncinelli, Michele Di Francesco, Laura Boella e Vito Mancuso.

Fatica sprecata

Forming Consciences for Faithful Citizenship: A Call to Political Responsibility

A Baltimora i vescovi attaccano i candidati che difendono orrori come l’aborto o la clonazione, ma anche il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la sperimentazione embrionale (Bishops issue guidelines for Catholic voters, Los Angeles Times, 11/15/2007; per fortuna aggiungono anche, tra i mali da combattere, razzismo, genocidio e tortura, threats to the sanctity and dignity of human life). Non solo: attaccano chi li vota, colpevoli di complicità nei mali terribili sopraelencati.
Niente di nuovo per noi, abituati come siamo ai sermoni e alle minacce delle gerarchi ecclesiastiche indigene.
Ma è interessante quanto ha dichiarato sulla vicenda Nicholas DiMarzio di Brooklyn, N.Y. (il corsivo è mio):

It is not a voter guide [...] It calls us as bishops to help form consciences for political life, not tell people how to vote or whom to vote for or against.
E aggiunge Samuel J. Aquila di Fargo, N.D.:
One of the responsibilities that I believe we have as bishops is to let our people know that the choices and the decisions that they make in their lives here on Earth do impact their salvation [...] And we as bishops are really called to be about the salvation of souls, eternal life, and for Catholics who choose to support intrinsic evils . . . they may be putting their salvation at risk.
Qui il testo completo del Forming Consciences for Faithful Citizenship.

Monkey Festival

A Lopburi, Thailandia. Qui altre foto.

sabato 24 novembre 2007

Letture consigliate ai politici (e non solo)

Oregon residents can take great comfort in knowing that they have provided terminal patients a choice to avoid a painful, undignified death.
[...]
Doctors, of all people, should know that for a small percentage – roughly 5 percent – of terminally ill patients, morphine and other drugs cannot control their pain, making the final weeks and months of their lives unbearable.

For these people, the knowledge that they can choose to end their life on their own terms is a great comfort.
[...]
It is clear that Oregon’s extensive safeguards are working. Fewer than 25 people each year have taken advantage of their right to die with dignity, which equates to one-seventh of 1 percent of all deaths in the state. The median age is 70, and the vast majority have had cancer, which can lead to excruciatingly painful deaths in some cases.
Da Editorial: We Should Follow Oregons Lead on Death with Dignity. Terminally Ill Should be Able to Make a Choice, Mercury News, 11/05/2007.

Eternità legale

Giuseppe Betori (Mons. Betori: Nessuna legge è eterna e la legge 194 sull’aborto non è né un totem né un tabù, Cani Sciolti, 23 novembre 2007):

[la legge 194] non è né un totem né un tabù e chi la considera tale ha una propria religione che noi non riconosciamo.
Nemmeno viene presa in considerazione l’ipotesi che qualcuno potrebbe non avere alcuna religione (non possiamo cavarcela con la religione dell’assenza della religione). Sarebbe stato interessante il paragone al totem se non fosse una scopiazzatura di un titolo celeberrimo. Betori ha voluto giocare la carta della conoscenza al di là delle sacre scritture.
Nessuna legge [...] è eterna, e sarebbe strano che tra tutte le leggi che ci sono in Italia solo questa fosse irriformabile. Dire dunque che la 194 può essere riformata può essere un’ovvietà. Se questo principio [...] vale per tutte le leggi, deve valere anche per questa.
Anche per il concordato? Oppure per quella no, perché non nuoce a nessuno? No, perché fa loro molto comodo (nuoce a molti, in effetti, ma non ai diretti interessati, e questo basta).
Non è blasfemo usare quell’aggettivo per una legge, per un misero prodotto dell’uomo medio? Anche Betori, forse, si è piegato all’uso comune di parole sacre (che poi sarebbe più comprensibile che ad essere eterna fosse una legge piuttosto che l’anima nostra).

venerdì 23 novembre 2007

Vedere la differenza

Domenico Delle Foglie, «Laici, la vita va difesa fino in fondo», Avvenire, 22 novembre 2007, p. 27:

non riusciamo a vedere la differenza fra il cittadino adulto e in buona salute che incappa suo malgrado nella spirale perversa della violenza, e il concepito
Su una frase così, si potrebbe scrivere un post lungo e indignato. Ma la lascio così, senza commento, pietra di paragone per quelli – sempre più pochi, si direbbe – che la differenza riescono ancora a vederla: l’enorme, decisiva, incolmabile differenza.

Disillusioni

Certo è ben scoraggiante: uno cresce con le favole sul principe azzurro e i matrimoni sfarzosi (e non solo riparatori): disavventure, cattivi e scherzi del destino ma infine vissero felici e contenti.
Poi, dopo avere incassato le disillusioni su Babbo Natale e tante altre storie, arriva anche la bruciante verità sul principino.
Non per soldi, ma per la morale? Io dico: siamo pure tonti a volte, distratti e superficiali; ma non siamo ancora del tutto rincoglioniti.

giovedì 22 novembre 2007

Caso Bianzino, quel silenzio insopportabile

Aldo Bianzino non era un tifoso e non era romeno. Non era nemmeno una giovane studentessa, né era al centro di qualche scandalo sessuale o politico. Era “solo” una brava persona, un uomo di 44 anni che viveva insieme alla sua donna, Roberta, e al loro figlio adolescente nelle colline umbre. Forse per questo non ha meritato molta attenzione da parte dei media. Più di un mese fa è entrato nel carcere di Capanne, a Perugia. Nemmeno due giorni dopo ne è uscito: morto. Avrebbe dovuto incontrare un magistrato per sapere se il suo fermo sarebbe stato convalidato. Aldo era in carcere per avere coltivato alcune piante di marijuana. Nonostante una sentenza della Corte di Cassazione avesse stabilito che la coltivazione per uso personale non sia reato e non ci fossero evidenze a dimostrare lo spaccio, Aldo è stato chiuso in una cella. Sembra che il medico legale abbia riscontrato lesioni al fegato, alla milza e al cervello. Sono state aperte due inchieste, per omissione di soccorso e per omicidio. Nonostante i numerosi appelli, una interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia – troppo impegnato forse a litigare con Beppe Grillo – una manifestazione di cittadini che chiedono di sapere che cosa e successo e perché, nonostante tutto questo ancora non ci sono risposte. E le ipotesi sono tutte terribili: dal pestaggio all’indifferenza. Quando un uomo varca la soglia di un penitenziario, la sua stessa vita è affidata alle istituzioni. La morte di Aldo, e le circostanze oscure riguardo alla sua morte, fanno apparire l’istituto carcerario come un luogo di sopruso e di atroci ingiustizie.

(E Polis).

Ingenuità

L’Aids è spesso frutto di un concetto sbagliato di matrimonio, parola di papa.
E io che pensavo fosse qualcosa che avesse a che fare con le malattie la medicina la prevenzione. No: con un concetto sbagliato di matrimonio!

Diciamocela tutta!

Vogliamo dircela tutta (un punto interogativo avrebbe reso più incalzante e incisiva la domanda, ndr): questa è una vergognosa guerra per bande.
Sic.

mercoledì 21 novembre 2007

Assuntina Morresi, novella Antigone


Assuntina Morresi oggi su Avvenire (Sull’obiezione dei farmacisti nessun diktat brutale):

L’obiezione di coscienza ha motivo di esistere perché la legalità e la giustizia non sono la stessa cosa: norme legali possono essere al tempo stesso profondamente ingiuste – pensiamo alla pena di morte, o alla legalizzazione di aborto ed eutanasia. E se in democrazia è la maggioranza a stabilire le regole da seguire, la stessa democrazia non può obbligare nessuno ad andare contro la propria coscienza su temi delicatissimi come quelli che riguardano la vita e la morte.
Assuntina ha le idee confuse dalla sua ideologia. L’obiezione di coscienza ha ragione di esistere (sia concettualmente che terminologicamente, a patto di volere essere onesti) quando una legge ti obbliga a compiere X (e X non è dunque la conseguenza della libera scelta di un mestiere). Se scegli di fare il boia, non puoi fare obiezione di coscienza. Se la legge ti obbligasse a fare il boia, allora potresti fare obiezione di coscienza. È chiaro? Se non lo fosse mi dilungo (scusandomi in anticipo per la lunghezza).
Assuntina adotta la stessa manipolazione che abbraccia la Chiesa in materia di obiezione, compiendo un vero e proprio abuso nel brandirla come uno strumento per vietare questo e quest’altro.
La manipolazione del significato di obiezione di coscienza ne distorce il cuore stesso e ha lo scopo di trasformarla in un’arma contro la laicità e l’esercizio delle singole volontà. È sorprendente (ma forse è sciocco sorprendersi) che la Chiesa e molti conservatori beghini usino e abusino di uno strumento della tradizione liberale e libertaria (più affine all’individualismo e alla disobbedienza civile, comunque entrambi estranei al patrimonio clericale e all’autoritarismo delle gerarchie ecclesiastiche). Da esercizio pacifico di una specie di diritto di resistenza, l’obiezione di coscienza diviene, nelle mani dei rappresentanti di dio, un’arma contro le libertà individuali. Contro quella libertà di coscienza che viene invocata per obiettare (secondo una coscienza cattolica imposta dall’alto).

Ma che origine ha l’obiezione di coscienza?
Una origine nobile: il diritto di resistenza, che entra in conflitto con l’obbligo di rispettare l’ordinamento giuridico. Non è un diritto positivo, ma un modo per “sottrarsi” – in via eccezionale – a una qualche norma; è l’anteporre un dovere morale considerato più forte di una legge dello Stato.
L’obiezione di coscienza è azione pacifica e non eversiva del complessivo sistema politico nel quale viene esercitata. La decisione è individuale e non implica conseguenze dannose e dirette a terzi. L’obiezione di coscienza polemizza con una imposizione per legge di qualcosa che contraddice le nostre credenze morali. Lo scontro è sostanzialmente tra individuo e potere (o Stato), non si delineano conflitti tra diritti individuali dei singoli.
Se l’obiezione fosse oggetto di una legge, smetterebbe di essere obiezione di coscienza e diventerebbe una espressione della libertà invidiale (faccio obiezione di coscienza se la legge prevede soltanto X e io compio Y o non compio X; se la legge prevede sia X che Y (o Z e così via) non farò che esercitare la mia libera scelta prevista e garantita dalla legge).
E sempre più molteplici e variegate dovrebbero essere le scelte individuali, a condizione di non danneggiare terzi.
Antigone ha fatto obiezione di coscienza: se le fosse stato permesso di dare degna sepoltura a Polinice o se Creonte avesse acconsentito alla sua richiesta di contravvenire alle leggi, avrebbe invece soltanto esaudito il proprio desiderio.

L’esempio più classico (e semplice) riguarda l’obbligo di leva. Prima del 1972 si esercitava obiezione di coscienza verso il servizio di leva (e il rischio era quello di essere accusati di renitenza o diserzione: cioè, il carcere); quando la legge ha ammesso e regolamentato l’eccezione di svolgere il servizio civile, è diventata una scelta garantita dalla legge e ha smesso di essere obiezione di coscienza.
L’obiezione di coscienza (impropriamente) compare nelle leggi sulla sperimentazione animale (1993, legge 413) e sulla interruzione volontaria di gravidanza (1978, legge 194). Non entro nel merito degli argomenti specifici.

Fatte queste premesse poniamo di nuovo la domanda: è accettabile l’obiezione di coscienza da parte dei farmacisti sulla cosiddetta pillola del giorno dopo? Può chiamarsi tale?
Ma le domande potrebbero anche essere le seguenti.
Se sono un ginecologo “pubblico” posso rifiutarmi di eseguire X previsto dalla legge?
Se sono un pompiere “pubblico” posso rifiutarmi di spegnere un incendio (mettiamo in un luogo che ritengo diabolico e meritevole di essere bruciato?).
Se sono un pubblico ministero posso rifiutarmi di indagare su Don Gelmini? (A proposito: che fine ha fatto?).
(Ad accomunare le domande di cui sopra vi è il non obbligo di fare il ginecologo, il pompiere, il pubblico ministero. Dalla libera scelta di una professione di pubblica utilità derivano però anche alcuni doveri, non solo una riga in più sul citofono).
Se scelgo la carriera militare come professione, posso rifiutarmi di usare le armi?
Se un testimone di Geova diventa medico, come dovremmo metterla? Lui, secondo la propria coscienza, non effettuerebbe trasfusioni. E se lo inviassero in un pronto soccorso?

Sul Norlevo la polemica clericale è viva fin dal 2000 (dall’anno della sua commercializzazione).
L’attacco ecclesiastico colpisce 2 bersagli: (1) la sensatezza di definire Norlevo anticoncezionale, sebbene d’emergenza, e (2) la legittimità della stessa legge.

(1) gameti --- incontro --- fecondazione --- risalita delle tube --- (tentativo di) annidamento --- avvio della gravidanza. La Pontificia Accademia nel 2000 in una nota affermava che la gravidanza “comincia dalla fecondazione e non già dall’impianto della blastocisti nella parete uterina” (avranno anche preti ginecologi, o tali dichiarazioni vengono dettate direttamente da dio?).

(2) Non è obiezione di coscienza ma sabotaggio: diritti e doveri dei funzionari pubblici (o della professione che si sceglie).

Per gli smemorati, il regolamento (D.R. del 30 settembre 1938 n. 1706 ) per il servizio farmaceutico non lascia margini interpretativi.
I farmacisti non possono rifiutarsi di vendere le specialità medicinali di cui siano provvisti e di spedire ricette firmate da un medico per medicinali esistenti nella farmacia. I farmacisti richiesti di specialità medicinali nazionali, di cui non siano provvisti, sono tenuti a procurarle nel più breve tempo possibile, purché il richiedente anticipi l’ammontare delle spese di porto.
Considerando che prima del Norlevo si assumevano dosi massicce di anticoncezionali, come si sarebbe fatto a obiettare? Certo: anche su anticoncezionali, in fondo sono contrari all’etica cattolica. Perché qui non fare obiezione? Evitano la gravidanza allo stesso modo e, cosa ancora più grave, sostituisco il piacere alla riproduzione. Per non parlare dei preservativi. O del fatto che la pillola viene anche usata per problemi ormonali etc. Per ragioni terapeutiche e non “immorali”. Che fare? Una conversazione per ogni prescrizione di Ginoden per capire a che diavolo serve?

Ecco come Assuntina conclude la sua epocale bordata alla contraccezione d’emergenza: una arguta identificazione tra concepimento e persona. God bless u.
Quando una donna assume la pillola del giorno dopo non sa esattamente cosa le accadrà: potrebbe essere impedita la fecondazione, ma potrebbe anche verificarsi che l’embrione da poco formato non riesca a impiantarsi nell’utero. Se si potesse con certezza escludere questa seconda possibilità, non ci sarebbero i problemi di cui ci troviamo a discutere. Ma per chi riconosce il pieno valore di ogni vita umana fin dal concepimento la questione del diritto al rispetto della propria coscienza che si pone è troppo grave. E non si può risolvere appellandosi burocraticamente ad alcune norme, spesso superate dalle nuove circostanze, e ignorando il problema. Che lo si affronti, serenamente, nelle sedi competenti, tenendo conto che non c’è giustizia alcuna se si pensa di impedire l’obiezione di libere coscienze su questioni che riguardano il rispetto della vita.

Danni morali

Carlo Malinconico, segretario generale della presidenza del Consiglio, ha risposto alle deliranti richieste degli squallidi ex reali che il governo non solo non ritiene di dover pagare nulla, ma che pensa di chiedere a sua volta i danni all’ex famiglia reale per le responsabilità legate alle note vicende storiche...
Chissà se è perché ci sono di mezzo 260 milioni di euro, ma questa è una delle rarissime reazioni di un governo spaventato anche dalla sua stessa paura.
(Senza spingersi in complesse e fini analisi storiche, sociali e culturali, se la vorace e codarda famiglia avesse ricordato un motto che anche i bambini ormai sanno a memoria, sebbene non sia detto che lo rispettino, forse avrebbero tenuto la bocca cucita: da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Troppo lunga sarebbe la lista di responsabilità alle quali si sono sottratti. Nemmeno il silenzio sarebbe bastato a porvi rimedio. Ma pretendere!? Danni morali? Ma va va).

martedì 20 novembre 2007

Top down, peer review e top ten

Verrebbe la tentazione di sfidare: trova l’intruso nell’ennesimo scandalo all’italiana.
L’Istituto Superiore di Sanità sta nel mezzo dello scempio dei finanziamenti, elargiti con il celeberrimo metodo del top down (che cazzo è?, un ketchup?) anche se appare eccessivo parlare di scandalo dal momento che i vertici (da Livia Turco al rinnovato amico Enrico Garaci, per la terza volta a capo dell’ISS) non sembrano interessati a ripondere di milioni di euro di finanziamenti concessi secondo criteri borbonici. E clientelari.
Fondi, criteri di valutazione, qualità delle ricerche: tutto inghiottito da politiche di interessi (personali) e favori (personali, al più di qualche amico).
Paolo Bianco, Elena Cattaneo e Ranieri Cancedda hanno scritto una lettera a Livia Turco denunciando la cancrena clientelare. Ma se chiedi al carceriere di aprirti la cella, quante speranze hai di tornare a casa?
Niente di ufficiale, ma ufficiosamente (o sfacciatamente), solo per fare un esempio, Angelo Vescovi ha annunciato di stare per ricevere (ecco a che diavolo serviva la perifrastica attiva) 300.000 euro. Chi ricorda che Vescovi ha combattuto a spada tratta contro le staminali embrionali? E che lavora a stretto contatto con Garaci? Che (continuando a volersi dire scienziato) va a braccetto con Scienza & Vita?

lunedì 19 novembre 2007

Avvenire senza speranza

Ian Wilmut, il padre del primo mammifero ad essere clonato, annuncia che abbandonerà le ricerche sulla clonazione terapeutica a favore di quelle sulla riprogrammazione delle cellule adulte indotta attraverso l’esposizione a determinate proteine, di cui sono stati pionieri i giapponesi Takahashi e Yamanaka. Lo scopo rimane lo stesso, quello di ottenere cellule staminali potenzialmente in grado di riparare organi e tessuti danneggiati, senza causare rigetto, ma senza le difficoltà tecniche della clonazione (anche se l’annuncio di Wilmut è forse leggermente intempestivo, visto il recentissimo successo ottenuto nella clonazione di una scimmia).
Compiaciuta la reazione di Avvenire, organo della Conferenza Episcopale Italiana, che affida il commento a Marina Corradi («Vero choc del pensiero unico libertario», 18 novembre 2007, p. 1):

Così la locomotiva internazionale della ‘clonazione terapeutica’ viene abbandonata in corsa dal padre stesso della clonazione. La cosa sorprenderà il pubblico che da anni – e quanto, in Italia, ai tempi del referendum sulla procreazione assistita – si è sentito ripetere che l’unica speranza per curare Alzheimer e Parkinson passava attraverso le staminali embrionali, ovvero per la distruzione di embrioni. Era un leit motiv mille volte ripetuto, dai tg ai giornali femminili, era un pensiero unico e obbligatorio. Chi scriveva allora di questi argomenti registrava con stupore come ricercatori di statura internazionale, quanto all’utilizzo terapeutico delle staminali embrionali, avessero invece seri dubbi: quelle cellule primitive erano, dicevano, difficilissime da istruire e dirigere nell’organismo, e anche potenzialmente portatrici di rischi proliferativi. Dubbi che però non emergevano o quasi, nel dibattito pubblico.
Due anni dopo, il padre di Dolly, il pioniere della ‘clonazione terapeutica’ che prometteva di usare gli embrioni per curarci un giorno dal Parkinson, annuncia che la strada migliore non è, in effetti, quella. Che pare che si arrivi prima, e con meno fatica, passando attraverso cellule staminali adulte – facendole regredire allo stadio voluto e riprogrammandole. Che è quello che in sostanza dicevano nel 2005 i migliori ricercatori italiani, a quei pochi che li volevano ascoltare. Di modo che, pare che la ragion pratica della efficienza e della concretezza dia oggi ragione ai dubbi di allora.
Peccato per Marina Corradi e per i suoi datori di lavoro che le cellule utilizzate dai ricercatori giapponesi non siano staminali adulte. Basta un’occhiata all’abstract o anche solo al titolo dello studio (Kazutoshi Takahashi e Shinya Yamanaka, «Induction of Pluripotent Stem Cells from Mouse Embryonic and Adult Fibroblast Cultures by Defined Factors», Cell 126, 2006, pp. 652-55), per capire che sono stati utilzzati fibroblasti, semplici cellule del tessuto connettivo, che hanno poco a che vedere con le staminali adulte (gli autori tendono inoltre a escludere che le cellule trasformate fossero staminali nascoste nella massa di cellule somatiche). Eppure a p. 4 dello stesso numero di Avvenire il sottotitolo di un altro articolo spara «Più promettenti le ricerche su staminali adulte», mentre nella colonna a fianco il genetista Dallapiccola (che dovrebbe saperne qualcosina di più), intervistato, commenta «Sono notizie che non fanno altro che confermare quello che andavo dicendo già all’epoca del referendum: prima che le staminali embrionali diano qualche risultato, si troveranno modi per utilizzare le staminali dell’adulto».
Ma il meglio deve ancora venire. L’importanza dello studio giapponese è infatti nell’aver ottenuto cellule quasi indistinguibili dalle staminali embrionali: una delle prove del successo è consistita nell’iniettare le cellule trasformate dentro un embrione di topo, dove hanno assunto appunto lo stesso ruolo delle locali staminali; le cellule, di fatto, sono state trasformate in cellule embrionali. L’utilità delle staminali embrionali, del resto, non è un’invenzione di scienziati pazzi (come sembrerebbe stando alle cronache di Avvenire o del Foglio), ma risiede in gran parte nella loro plasticità: possono trasformarsi in uno qualsiasi dei tessuti del corpo umano, a differenza delle staminali adulte, che hanno un repertorio enormemente più limitato. Il compiacimento odierno di Dallapiccola e Corradi dà ragione a chi ha sempre sostenuto che i benefici maggiori si avranno dalle staminali embrionali (e che oggi, di fronte ai risultati pur eccezionali degli scienziati giapponesi, considera prudente non mettere tutte le uova in un solo paniere: gli studi sulle embrionali devono continuare, non foss’altro che per raccogliere dati utili).
Ma vaglielo a spiegare, a Marina Corradi...

Aggiornamento: ottimi post sull’argomento di Inyqua, JimMomo e Jinzo.

E se smettessimo di leggerlo?

Vittorio Sermonti commenta la lettura di Dante da parte di Roberto Benigni (Vittorio Sermonti bacchetta Benigni. «Per leggere Dante ci vuole durezza», E Polis, 19 novembre 2007):

Ho 78 anni e mi dispiace lasciare il campo a questo tipo di divulgazione allegra.
Infatti è risaputo che per fare buona divulgazione è necessario annoiarsi a morte e soffrire. Solo tramite la sofferenza si arriva alla vera conoscenza. Una risatà vi seppellirà. Non scordatelo mai.
E prosegue:
Dante è duro e severo e ci vuole durezza e severità per capirlo.
Durezza di cuore o di comprendonio? Ma non è che è solo geloso?
E perché non cambiamo libro? Magari una lettura a quattro mani, cioè a due voci (rimanendo in famiglia) di quel tizio, quello inglese le cui idee sono in crisi, quello lì, come si chiama?

domenica 18 novembre 2007

Assistenza sanitaria gratis per chi dona un rene

Questa è la proposta che il Consiglio della Salute olandese sta valutando (Assistenza sanitaria gratis per chi decide di donare un rene, Il Corriere della Sera, 18 novembre 2007).
Il problema cui si vuole rimediare è sempre lo stesso: la carenza di organi disponibili. In Olanda muoiono circa 200 persone ogni anno in attesa di un rene disponibile.
Si può aspettare anche fino a 4 anni, e per molti è troppo tardi quando un organo si rende disponibile.
Inoltre, il mercato degli organi sembra esisstere già, ma in nero.
Le polemiche e i problemi morali sottostanti sono quelli della compravendita di organi: non basta usare il verbo donare, infatti, per cambiare concettualmente una vera e propria commercializzazione degli organi. Questo non implica necessariamente che sia una pratica immorale. Le reazioni più comuni le conosciamo, e sono generalmente di accesa condanna.

La finestra di fronte

È domenica. La giornata delle visite fugaci di nipoti e parenti acquisiti che non hanno niente da fare ma che non hanno voglia di parlare con la vecchina sempre affacciata alla finestra. Lo stesso panorama per giorni, settimane.
La visita di dovere. Quella che devi fare altrimenti tua moglie ti impedisce di vedere la partita la sera. Un baratto di concessioni, cariche di risentimento.
“Sei pronto?”
“Pronto per cosa?”
“Ma per andare dalla zia”
“Ci siamo andati la scorsa domenica”
“Anche tu hai visto la partita mercoledì scorso, ma stasera hai già prenotato con i tuoi amici”
Un baratto di obblighi. Un patto con la vita eterna, passata questa faremo davvero quello che desideriamo.
Se da giovane pensi che non vorrai mai questa forma di beneficenza, quando non hai che da guardare la strada per giorni, settimane, anche un ospite di malumore è accolto con infantile soddisfazione. È il tuo legame con la vita che non c’è già più, l’ostinazione della sopravvivenza.
“Vuoi un caffè?”
“Non bevo caffè”
Gli sguardi sono imbarazzati per una dimenticanza che l’Alzheimer giustifica, ma la noia no.
Il colore della luce è azzurrina soltanto dall’esterno, quando entri non noti nulla di strano. Luce giallastra come il colorito della badante, mezza cinese mezza non si sa cosa. La badante che si è affezionata a quella signora silenziosa e stramba – dalle sue parti non le aveva mai viste. Forse morivano prima di impazzire. Due esistenze unite dalla cattiva sorte. E la nipote che si guarda le unghie appena laccate.
“Vuoi un caffè?”
“Dio, non ho mai bevuto caffè”, sbotta acida. Ma si pente, come una buona cristiana, e sorride forzatamente.
“Magari beviamo una tazza di tè”
La vecchina sorride senza accorgersene.
La badante mette su l’acqua e si affanna a trovare 4 tazze uguali. Lei non beve quando ci sono le visite, rimane in disparte mortificata. Di dovere lo stipendio alla malattia, alla morte imminente. Che se ci pensa le viene pure l’angoscia di doversi trovare un altro lavoro.
“Andiamo nel salotto?”
Ma la vecchina non ne vuole sapere di perdere il suo panorama, l’unico che conosce, ma non riconosce.
È sola nella sua cucina, dove un tempo preparava le torte per i nipoti. Ora ha scordato gli ingredienti. Non sa più che cosa sia un pacco di farina.
“È tardi”, anche se sono trascorsi solo pochi minuti.
“Ora andiamo”
“E il tè?”, domanda la badante.
“Sarà per la prossima volta”
Il rumore della porta non significa nulla per la vecchina che guarda incantata le luci delle macchine che corrono lungo la strada, rese più intense dal buio che arriva.
“Hai fame, signora?”
“Ho appena pranzato”
Sono le sei.

Amore del Potere

Sfogliando la Repubblica mi imbatto in una spaziosa pubblicità della nuova fatica letteraria di Bruno Vespa, L’amore e il potere. Un libro che riempie un vuoto assolutamente necessario (il vuoto, sia chiaro).
E già basterebbe per bruciare il quotidiano. Ma non finisce qua. Sotto al titolo e alla ammiccante faccia piena di nei si legge: 260.000 copie vendute, quarta edizione.
Ma chi è che compra un libro di Vespa? Chi? (Non lo voglio sapere).

sabato 17 novembre 2007

A Napoli fumo vietato nei parchi

Se ci sono bimbi e gestanti nelle vicinanze niente sigarette anche nei luoghi aperti (Il Corriere della Sera, 17 novembre 2007).
I bambini, fino ai 12 anni, sono facilmente riconoscibili (pur con un margine di errore). Ma le donne incinte nei primi mesi di gravidanza? Si appendono un cartello al collo?

Divorzio express alla Mantovano

Alfredo Mantovano (AN) è un uomo tutto d’un pezzo. E non sopporta che la Famiglia non sia rispettata. Ordine e disciplina sono il sintomo di una buona economia domestica. Per non parlare degli attacchi al Valore della vita (perpetrati dal tentativo di fare una legge sul testamento biologico; che farne degli omosessuali non è chiaro – ma procediamo per ordine e riportando le sue parole).
Commentando il divorcio exprés Mantovano attacca così (Mantovano (An): è merito del centro-destra se non c’è testamento biologico, Vivere & Morire, 16 novembre):

I dati spagnoli sul ‘divorzio express’ sono l’emblema dello zapaterismo.
Quando, con riferimento ai temi che interessano la famiglia e i diritti dei figli, si parla di ‘zapaterismo’, per identificare una deriva di dissoluzione e di spappolamento, c’è chi fa il sorrisetto, quasi a sottolineare una esagerazione. Poi vengono fuori dati come quelli del ‘divorzio express’ (dal 2005 al 2006 in Spagna + 330% rotture dei matrimoni, grazie a una legge introdotta da Zapatero) e si constata che le critiche sono squilibrate per difetto, non per eccesso.
Se ciò non si è ancora verificato in Italia, nonostante gli sforzi della Sinistra di introdurre i dico, il testamento biologico e le norme sull’omofobia non è stato frutto del caso: è perché larga parte del Centrodestra si è opposta dentro e fuori le sedi parlamentari. Se a qualcuno venissero dubbi sull’opportunità di questa resistenza, il film di ciò che accade a Madrid è lì, pronto a dissolverli.
330%? Accidenti, Zapatero è proprio un rovinafamiglie. Se è già molto discutibile la connessione causale (e di colpa) tra introdurre una legge liberale (o meglio, una legge che facilita la procedura per il divorzio senza obbligare i coniugi ad attendere un periodo di separazione) e scassare le famiglie (che non erano aggiustate prima, erano soltanto unite ancora da una legge paternalistica e ipocrita), quando ci si sofferma sulle percentuali del presunto incremento si scoprono molti aspetti interessanti di Mantovano.

Vai a cercare qualche conferma e ti imbatti in una prima apparente conferma: Explosivo incremento del divorcio en España por ley anti-familia, Aciprensa, 16 novembre 2007.
Esplosivo!, ha ragione Mantovano allora! Ma basta leggere per inciampare in una percentuale molto diversa:
Según el Instituto Nacional de Estadísticas (INE), en el 2006 los divorcios constituyeron el 87 por ciento de las rupturas matrimoniales en el país. En 2004, un año antes de la reforma legislativa, los divorcios constituían sólo el 38.

El informe revela que el número de divorcios en 2006 fue de 126 mil 952, es decir 74,3 por ciento más que el año anterior.
Magari sono stati approssimativi. Cerchiamo ancora. El Paìs sbatte la percentuale del 74% anche nel titolo: Los divorcios aumentan un 74% con la nueva ley, 16 novembre.
Niente da fare. Ma non ci rassegniamo. Da el Mundo (15/11/2007) uno spiraglio di speranza: Los divorcios representan ya el 87% de las rupturas matrimoniales en España.
Ma andando a leggere il testo (consigliabile anzichenò) si fanno interessanti scoperte:
El número de divorcios en 2006 fue de 126.952, lo que supone en importante incremento del 74,3% respecto a la cifra registrada el año anterior, cuando los divorcios fueron 64.028 y sólo representaron el 46,7% de todas las rupturas matrimoniales de 2005.
Ma poi si scopre la lanterna che Mantovano ha preso per una lucciola:
La duración media de los 145.919 matrimonios disueltos en 2006 fue de 15,1 años, aunque la mayor parte de las separaciones se produjeron tras 20 años de vida matrimonial. El INE destaca el excepcional aumento de los matrimonios disueltos antes de un año (del 330,6% respecto a 2005), resultado de la modificación legislativa antes citada.
Eccola lì la percentuale del 330%! Matrimoni durati meno di un anno. Certo che sono aumentati. Misterioso eh?
Chissà quali gravi e importanti impegni aveva Mantovano per non avere letto nemmeno un articoletto (facile e discorsivo, chiaro e preciso): ha guardato il titolo, gli è piaciuta la percentuale del 330% (è allarmista ed ha un vago sapore trinitario) e si è preparato per la sua dichiarazione.
Ringraziamo di cuore Mantovano e la destra (il centrodestra, e aggiungerei pure la sinistra) per averci salvato da una simile diavoleria (qui si chiamerebbe divorzio breve per non creare conflitti di interesse con la TAV). Nonché da una legge sul testamento biologico (quale scandalo) e dalle norme sulla omofobia (non chiedetemi di cosa si tratti: forse Mantovano vorrebbe ripristinare il reato di omosessualità; che in effetti sarebbe doveroso rimettere in sesto la moralità di questo Paese!).

Quanto alle metafore cinematografiche, forse Mantovano farebbe bene ad andare a vedere qualche film divulgativo sulla matematica e sulla buona fede (invece che riguardare migliaia di volte i cinegiornali di allora). Magari, se avesse un pomeriggio libero (tanto i giornali non li legge) potrebbe guardarsi XXY. Imparerebbe qualcosa (forse, questa mattina sono ottimista).

Il comunicato stampa originale è qui.

Nessun popolo è illegale

Da Carmilla nasce l’appello Il triangolo nero. Inizia così:

La storia recente di questo paese è un susseguirsi di campagne d’allarme, sempre più ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando “emergenze” e additando capri espiatori.

Una donna è stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida è sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena è la donna che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L’odioso crimine scuote l'Italia, il gesto di altruismo viene rimosso.

Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignità? No: della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si deve sapere che è italiana, e che l’assassino non è un uomo, ma un rumeno o un rom.

Qui per aderire.

venerdì 16 novembre 2007

Nessuna chiarezza sulla morte di Aldo Bianzino

Ancora nessuna risposta sulla tragica e insensata morte di Aldo Bianzino (colpevole di coltivare piante di canapa indiana), nonostante siano state aperte due inchieste, una per omissione di soccorso e una per omicidio.
Ad oltre un mese dall’accaduto, in barba agli appelli, alle interrogazioni parlamentari, alla manifestazione nazionale di un migliaio di cittadini e all’audizione in Consiglio comunale del Direttore del carcere di Capanne, non emerge alcun elemento in grado di fare chiarezza su ciò che avvenne quella tragica notte.
Oggi una conferenza stampa a Perugia.

Il caso Garaci (leggi Italia) arriva fino a Nature

Prescription for change. Health research in Italy is in desperate need of a fresh start, NATURE|Vol 450|15 November 2007:

These are painful times for Livia Turco, the Italian health minister. A member of the centre-left Democratic Party, Turco has been caught in a web of power politics that has led her to nominate Enrico Garaci to serve a third term as president of the ISS, an important, publicly funded health-research institute in Rome. The nomination is seen by many as problematic because Garaci has not fully embraced the open and competitive peer review that Italian research policy must adopt if it is to compete more effectively with other scientific powers of comparable size.
On 6 November, the Italian Senate’s health committee took the unusual move of rejecting the nomination. Legally, Turco is obliged to take note of the Senate’s view — and also that of the chamber of deputies, a committee of which approved the nomination on 24 October — but she does not have to follow it. By withdrawing the nomination, she may lose political face, but by insisting on it, she will undermine her government’s main objective, which is to cajole Italian governance into a new era of meritocracy and openness.
The ISS is in some ways Italy’s equivalent of the Pasteur Institute in Paris. It employs around 1,500 scientists who work in areas such as vaccines, stem cells and genomics, and its €100 million (US$145 million) annual budget is mostly absorbed by salaries — although the institute also coordinates some extramural projects.
The way in which Garaci has administered these projects has often upset other senior scientists. Their discontent is currently focused on €3 million allocated to stem-cell research this year. Stem-cell researchers have complained to Turco in a letter to which she has not replied. Newspapers have pointed out that Garaci was a member of the health-ministry committee that helped decide that the ISS would distribute the stem-cell funds. Moreover critics fear that Garaci’s own doctrinaire brand of Catholicism— he is a member of the conservative Science and Life group — may prevent the small programme from supporting work that would be permitted under the law, but of which he may personally disapprove.
On balance, Garaci lacks the confidence among his peers that a director of the ISS needs. Turco should withdraw his nomination and follow the procedure adopted successfully by her colleague, research minister Fabio Mussi, in filling top positions. She should set up an independent search committee to draw up a shortlist of candidates from which she can select a nominee, who would then have the full confidence of Italy’s biomedical research community.

Nessun rispetto

Compare oggi su Il Riformista una lettera molto divertente inviata dall’ufficio comunicazione di Liberi da OGM:

Nessun rispetto
In riferimento all’articolo apparso ieri su Il Riformista, Mario Capanna e la voglia matta di essere Vandana Shiva, precisiamo che le opinioni, pur se radicalmente opposte alle nostre, sono sempre da noi rispettate. Le affermazioni false, invece, sono sempre e soltanto false, e non possono ricevere alcun rispetto.

(firmato)
Ufficio comunicazione della Coalizione “ItaliaEuropa – liberi da Ogm”
L’articolo in questione è di Anna Meldolesi ed è un articolo divertente e ironico, ma soprattutto puntuale e argomentato. Rappresenta senza dubbio una opinione diversa da quella del gruppo di Mario Capanna, e perciò meriterebbe rispetto (come essi stessi dichiarano).
Non è chiaro quali sarebbero le dichiarazioni false: per come l’hanno messa sarebbe legittimo pensare che non sono quelle di Anna Meldolesi, bensì quelle di qualcun altro non menzionato. E se fossero di Meldolesi, quali sono? E perché? Affermare che non si ha rispetto per le affermazioni senza offrire altri dettagli false somiglia a dire (guardando una tavola imbandita) che non si vuole mangiare i cibi andati a male (senza indicare se sono presenti sulla tavola e senza dimostrare che siano andati a male).
Viene il sospetto che questo tipo di argomentazione sia la stessa usata per dimostrare la pericolosità degli OGM.

giovedì 15 novembre 2007

Sorpresa: Avvenire straparla

Su Avvenire di oggi Viviana Daloiso esordisce così («Sorpresa: “La diagnosi preimpianto non funziona”», 15 novembre 2007, inserto «È vita», p. 1):

Per gli antagonisti della legge 40 è il preferito tra i cavalli di battaglia, soprattutto dopo la discussa sentenza emessa dal Tribunale di Cagliari alla fine di settembre sul caso della donna affetta da beta-talassemia: parliamo della diagnosi preimpianto, la tecnica di analisi e selezione degli embrioni che – nei proclami di chi la sostiene – dovrebbe permettere alle donne che accedono alla fecondazione assistita di moltiplicare le possibilità di successo della futura gravidanza, individuando e impiantando gli “esemplari” potenzialmente più sani.
Ma, come ci informa con malcelata soddisfazione l’articolista,
tra lo stupore di una parte dei partecipanti al meeting annuale delle società per la riproduzione assistita statunitensi, riunite a Washington a metà ottobre, i medici della Asrm (l’American Society for Reproductive Medicine, tra le più autorevoli e rappresentative Oltreoceano) si sono espressi nettamente contro la tecnica di diagnosi preimpianto dello screening […] eppure le varie tecniche della diagnosi preimpianto, anche nel nostro Paese, continuano a essere proposte come metodo sicuro per aumentare i successi nelle gravidanze da procreazione assistita...
Qualcosa di stonato sarà stato percepito già da un po’ dai più avvertiti: ma la diagnosi preimpianto non serviva a far nascere bambini sani da coppie portatrici di difetti genetici? Cosa c’entra l’aumento dei successi nelle gravidanze da procreazione assistita? E cosa diavolo sarebbe la «diagnosi preimpianto dello screening»?
Il mistero si chiarisce andando a vedere uno dei più recenti numeri di Nature, dove secondo la stessa Daloiso sarebbe «ampiamente riportato» quanto emerso al convegno. Il pezzo (Brendan Maher, «Embryo screening “doesn’t improve” pregnancy success», Nature News, 17 ottobre 2007; lo citavamo recentemente su Bioetica) parla in realtà principalmente non della diagnosi preimpianto, ma dello screening preimpianto. Le due tecniche si somigliano, ma – come spiega chiaramente Nature – la prima ha lo scopo di far nascere bambini sani, individuando gli embrioni portatori di singoli geni difettosi; la seconda (che individua una classe specifica di difetti genetici, le aneuploidie, cioè anomalie nel numero di cromosomi, che sono connesse alla difficoltà di ottenere una gravidanza) ha lo scopo principale di aumentare il successo delle tecniche di fecondazione in vitro. I dati presentati dall’Asrm, mentre da un lato mettono in dubbio l’efficacia dello screening, dall’altro «supportano la diagnosi genetica di preimpianto»: così, esplicitamente, l’articolo di Nature. La Daloiso, se l’ha letto, doveva essere molto distratta. Eppure avrebbe dovuto accorgersi della topica: riportando le dichiarazioni di Glenn Schattman, «noto specialista nel campo dell’infertilità e docente di Endocrinologia riproduttiva al Weill Medical College della Cornell University», lo presenta affermando che
non soltanto è un convinto sostenitore della pratica ma esegue diagnosi preimpianto sulle donne che ogni anno ricorrono alla fecondazione assistita per avere figli nel suo studio. Proprio per questo la sua testimonianza è ancor più sbalorditiva
Non c’è dubbio, in effetti, che un convinto sostenitore della pratica (si noti l’uso del tempo presente: Schattman «è», non «era»; «esegue», non «eseguiva») che testimonia contro la pratica stessa sia un fenomeno «sbalorditivo». Ovviamente, Schattman è contrario allo screening, non alla diagnosi preimpianto.
Ma siamo ancora lontani dal vertice di comicità involontaria che la Daloiso tocca più avanti, quando ci informa che l’evidenza dei fatti costringerebbe
Schattmann [sic], quando una donna si presenta nel suo studio, a dirle con onestà: «Se il suo obiettivo è quello di avere un bambino sano ricorrendo alla fecondazione assistita, la sua migliore chance di ottenere questo scopo sarà di non ricorrere allo screening preimpianto». E quando la donna gli obietta che lui è un convinto sostenitore della diagnosi preimpianto, Schattmann [sic] replica: «Lo sono, è vero. Ciò non toglie che io debba agire rispettando la deontologia del mio mestiere di medico: che, al di là di ogni interesse commerciale, mi impone di dire la verità sull’inutilità e i rischi di questa tecnica».
Sarei curioso di sapere quali sono state veramente le dichiarazioni del dottor Schattman (che non trovo nel pezzo di Nature né da nessun altra parte); sospetto fortemente che un «convinto sostenitore della diagnosi preimpianto» non vada in giro a denunciare l’«inutilità e i rischi di questa tecnica»...

Darwin secondo Sgreccia

Elio Sgreccia (Scienza e fede: mons. Sgreccia, creazionismo ed evoluzionismo non si contraddicono, SIR, 15 novembre 2007):

Una fede rettamente compresa nella creazione e un’evoluzione rettamente intesa non sono in contraddizione: l’evoluzione suppone la creazione, anzi la creazione alla luce dell’evoluzione produce un arricchimento che si estende nel tempo come creazione continua.
E poi l’agenzia prosegue:
Il dibattito sul rapporto tra creazionismo ed evoluzionismo è stato rilanciato, ha ricordato Sgreccia, dalla teoria dell’”Intelligent design” elaborata negli Usa, ma implica la necessità della presa di coscienza di “un disegno superiore, per arrivare ad una pacificazione tra le istanze della scienza e quelle della religione”. “Nemmeno Darwin – ha affermato il relatore – intendeva escludere la creazione”, perché “anche chi accetta l’evoluzione ha l’obbligo di darne spiegazioni in termine di ragion sufficiente”. In questa prospettiva, dunque, “non c’è contraddizione tra creazione ed evoluzione, purché si mantengano alcuni punti fermi”, prima fra tutte “la differenza ontologica dell’uomo”, la cui negazione “rende incompatibili alcune teorie evoluzionistiche con la visione cattolica”.

Tra pornografia e strategia della tensione?

Apro la pagina del corriere.it e scorro i titoli.

Il primo: Meredith, tracce del suo DNA sul coltello di Solletico
Il secondo: Morte di Sandri, l’accusa è omicidio volontario. Tifosi, stop alle trasferte
Il terzo: Precari, il Senato dice sì ai diniani. Poi governo ko su un emendamento
Il quarto: Matera, crolla casale: bambino di 7 anni muore
Il quinto: Muore colpito da pistola elettrica. Scena ripresa al cellulare: il video (e link)
Il sesto: Asti, nonna e nipotina travolte da un’auto: erano sul marciapiede
Il settimo: Medico ucciso a Milano, ritrovati i quadri in un parco pubblico
L’ottavo: Pena di morte, verso la moratoria. Battaglia fino all’ultimo minuto
Il nono: La Francia paralizzata dagli scioperi
Il decimo: Notte di passione a lune di candela a Padova. E lei finisce ustionata

God Party

Ieri Giacomo Samek Lodovici si è superato (Lo conosciamo e ci conosce. Questa è la vera festa, 14 novembre 2007), ha raggiunto vette di tale commozione da rendere necessaria molta cautela per quanti si apprestano a leggerne le parole tracciate sulla carta. Non mettetevi a singhiozzare dalla emozione.
Si inizia con la corretta definizione del cristianesimo, che non si limita ad essere “solo un insieme di divieti, che impediscono all’uomo di cogliere le più intense soddisfazioni della vita”. Anzi, il cristianesimo è gioia e felicità, e lo ha ricordato anche quello vestito di bianco nella sua prima messa (Lodovici, in segno di rispetto, scrive “Messa”):

Benedetto XVI ha insistito: «Chi fa entrare Cristo [nella propria vita] non perde nulla, nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande». Il Papa lo aveva poi ribadito ai giovani della Gmg di Colonia: «La felicità che cercate, la felicità che avete il diritto di gustare, ha un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth […]. Solo lui dà pienezza di vita!».
Uno dei problemi di questa definizione di cristianesimo è che per chi ha già abboccato è superflua; per chi andrebbe convinto è assolutamente risibile. A meno che non la si prenda dal lato accidioso, e la si intenda come una descrizione della vita di chi prende i voti: mantenuto, rispettato nonostante tutto, con bambini a disposizione (volendo, si intende), con colf gratuite – che quando protestano vengono mandate via e così via. Ma qualcosa mi dice che Lodovici non stesse pensando a questo risvolto.
Benedetto XVI ha insistito varie volte su questo concetto. Per esempio in un discorso (che, pur essendo un gioiello, passato quasi inosservato) tenuto ai vescovi svizzeri il 9 novembre di un anno fa, in cui spiega che le norme morali vanno osservate e non le si può ignorare, ma il cristianesimo non è un moralismo bensì opera di grandezza. In questo discorso il Papa unifica i due temi complementari sviluppati nell’enciclica, che verte su Dio come Amore, e nella lectio di Ratisbona, che verte su Dio come Logos, cioè Ragione. Sulla scorta di Agostino, Benedetto XVI dice: «Dio è Logos e Dio è Amore – fino al punto di farsi totalmente piccolo, di assumere un corpo umano e alla fine di darsi come pane nelle nostre mani». Anche alla Gmg il Papa aveva parlato dell’«inconcepibile grandezza di un Dio che si è abbassato fino al punto di mostrarsi nella mangiatoia e darsi come cibo sull’altare». Ora – prosegue il Papa nel discorso ai vescovi che stiamo citando – «questi due aspetti del concetto cristiano di Dio dovremmo sempre tenere presenti e far presenti. Dio è Spiritus creator, è Logos, è Ragione. E per questo la nostra fede è una cosa che ha a che fare con la ragione, può essere trasmessa mediante la ragione e non deve nascondersi davanti alla ragione».
Chissà cosa intende Lodovici con moralismo. Chissà cosa intende dicendo che le norme morali non possono essere ignorate. Letteralmente non è affatto vero, ovviamente. E allora in che senso? Perché non dire che è preferibile rispettare le norme morali? Forse è solo questione di scelta stilistica del nostro, ma vorrei ricordargli che la mera esecuzione di norme è molto lontana dalle opere di grandezza.
Chissà come riesce a citare il discorso di Ratisbona senza vergognarsi. Poi ripete le insensatezze note del cattolicesimo: farsi uomo, essere divorato per secoli e secoli, le mai comprese parentele trinitarie e così via. E il tentativo di accaparrarsi la ragione che ultimamente è di gran moda; e Lodovici non si tira indietro. E introduce la stoccata finale.
Se si trascura questo aspetto di Dio, si cade negli errori del fideismo, che ignora il fecondo sostegno che la ragione può fornire alla fede, o nella guerra santa, che pretende di imporre la fede con la violenza. Ma – aggiunge il Papa – questa Ragione eterna ed incommensurabile, non soltanto una matematica dell’universo e ancora meno qualche prima causa che, dopo aver provocato il Big Bang, si è ritirata. Questa Ragione, invece, ha un cuore, tanto da poter rinunciare alla propria immensità e farsi carne e in ciò sta […] l’ultima e vera grandezza della nostra concezione di Dio. Infatti, noi Lo conosciamo ed Egli conosce noi. E possiamo conoscerLo sempre meglio, se rimaniamo in colloquio con Lui.
Capito? Avrà mai tenuto tra le mani un manualetto di scienze? Si sarà mai domandato qual è il senso delle affermazioni che fa con tanta disinvoltura? Che la ragione abbia un cuore è davvero notevole. Non so come materializzare la Ragione per darle un cuore, ma forse Lodovici non voleva dire “cuore” letteralmente. Se uno vi dice che colloquia con dio cosa fate, chiamate la neuro o vi inginocchiate ammirati?
Ratzinger-Benedetto XVI lo ha ribadito anche nel suo Gesù Nazareth (p. 67), dove spiega che Gesù non ha portato la pace nel mondo, né il benessere per tutti. Dunque, che cosa ha portato? La risposta è molto semplice: Dio. Ha portato Dio. […] Solo la nostra durezza di cuore ci fa ritenere che ciò sia poco. Il Papa aggiungeva ancora ai vescovi: Nietzsche addirittura ha detto: Solo se Dio non esiste possiamo far festa. Ma ciò un’assurdità: solo se Dio c’è ed Egli ci tocca, può esserci una vera festa.
Lodovici sente la necessità di ricordarci che Ratzinger e Benedetto XVI siano la stessa persona, come se qualcuno potesse dimenticarlo dal momento che è la star della tv, onnipresente sui telegiornali e sui giornali. Io rinuncio al tentativo di capire, perché quando uno mi dice che Dio ha creato tutto, etc. etc., e poi mi dice che Gesù ha creato Dio mi si confondono le idee. Buona festa, dunque, per quanti sono toccati da Dio (ma se ne accorgono? Come fa a toccarli Dio se è immateriale?).

mercoledì 14 novembre 2007

Servitù parrocchiale

La notizia ha dell’incredibile (Da spose di Cristo a serve del parroco. Il vescovo di Albano caccia le suore che non vogliono fare le colf, Adista). E il vescovo le licenzia: ci sono 3 suore missionarie di Santa Gemma della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Aprilia, un vescovo, Marcello Semeraro, un parroco e un viceparroco. Per il rinnovo della convenzione di collaborazione, il vescovo pone una condizione: che le suore prestino servizio “materiale” al parroco e al viceparroco.
La superiora della casa generalizia di Lucca giudica inaccettabile la richiesta; le 3 suore sono rispedite da dove venivano.
I parrocchiani si indignano e scrivono una lettera al vescovo (sottoscritta da 1.500 fedeli):

Non le nascondiamo la nostra amarezza e incredulità, poiché siamo consapevoli che le suore costituiscono una presenza evangelizzatrice importante, di cui la nostra realtà ha potuto beneficiare largamente nel cammino di fede intrapreso negli ultimi anni.
Noi fedeli speriamo vivamente che Sua Eccellenza non sia realmente convinto che l’assunzione di un siffatto impegno costituisca una condizione perché le suore possano permanere nella nostra Comunità e continuare così a collaborare con i sacerdoti ed i laici nella missione di evangelizzazione del territorio. Tanto più se si considera che gli attuali sacerdoti della parrocchia, interpellati da noi, hanno affermato di non aver richiesto tale servizio, preferendo la loro condizione attuale e la loro indipendenza.
Niente da fare, le suore sono liquidate.
E i fedeli dichiarano in un comunicato:
Le suore sono state cacciate. È un’affermazione dura e scomoda, che infastidisce il vescovo Semeraro, ma noi sappiamo che è l’unica che descrive esattamente quanto è accaduto ed è inutile affannarsi a dire o ripetere meccanicamente, come fa il vicario foraneo, don Giuseppe Billi, che le suore hanno scelto di andarsene.
Nessuno in Curia sembra aver considerato che le suore rappresentano un punto di riferimento spirituale per la vita delle persone. La loro presenza è un completamento della testimonianza del Vangelo, che viene portata avanti in comunione da sacerdoti, religiose, laici nel pieno rispetto di quanto disposto nel Concilio Vaticano II. Abbiamo avuto di fronte una gerarchia ecclesiastica che riconosce un ruolo all’interno della comunità alle donne consacrate se queste prima passano per la casa del parroco e fanno le casalinghe; poi possono finalmente permettersi di scendere e prestare il loro servizio a favore del popolo di Cristo.
Io non sono molto preparata in materia divina, però mi vengono in mente parole e concetti di provenienza cattolica, come: accidia, carità cristiana, guida spirituale, conforto, rispetto.
(Nella foto il vescovo Marcello Semeraro e Padre Carlo Fioravanti con le autorità militari: scopri qual è).

Chi si fosse distratto...

... può stare tranquillo: Liberi da OGM ha prorogato (proprio come uno spettacolo che si rispetti) la scadenza per votare e aggiungere il proprio nome.
Ecco il comunicato stampa:

Gli italiani hanno ancora tempo per esprimere il proprio Sì a favore di un modello agroalimentare libero da Ogm, visto che la Consultazione nazionale promossa dalla
Coalizione “ItaliaEuropa-Liberi da Ogm” viene prolungata fino al 9 dicembre. In un primo tempo la scadenza era stata stabilita per domani, 15 novembre. Lo hanno deciso i Presidenti delle 32 organizzazioni che formano la Coalizione durante la riunione che si è svolta ieri, al termine della conferenza stampa in cui è stato annunciato il raggiungimento ed anzi superamento dell’obiettivo che ci si era posti, ovvero raccogliere 3 milioni di Sì.
“Considerato lo straordinario successo ottenuto – si legge in una nota dei Presidenti – abbiamo deciso all’unanimità di prolungare la Consultazione, in modo che gli italiani possano continuare ad esprimere il proprio Sì ad un modello agroalimentare Ogm free”. L’auspicio è che con i nuovi voti raccolti si possa esercitare una pressione ancora maggiore sul Governo non solo italiano ma anche europeo, in modo che in materia di Ogm si tenga conto del sentire espresso dall’opinione pubblica piuttosto che di interessi economici di parte.
Vorrei cogliere l’occasione per proporre una consultazione popolare su dove il cane va a pisciare.

Consultori familiari: meglio tacere

In un articolo di ieri (Consultori familiari. Urgente pronunciarsi, Avvenire) Giuseppe Della Torre ci illumina sui consultori familiari, e su molte altre questioni.

Agli inizi degli anni Settanta, quando la crisi della famiglia cominciava a manifestarsi in maniera preoccupante anche da noi e il divorzio, per la prima volta nella storia d’Italia, era entrato nell’ordinamento giuridico, il legislatore ritenne di dover intervenire con importanti provvedimenti. Si trattava in sostanza di attuare pienamente le disposizioni costituzionali su matrimonio e famiglia, sia nella prospettiva, più propriamente tuzioristica, di garantire la famiglia fondata sul matrimonio nei diritti inalienabili e naturali che sono suoi propri, sia nella prospettiva, più chiaramente promozionale, di favorire la costituzione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi. Videro così la luce nello stesso anno, il 1975, sia la legge di riforma del diritto di famiglia, che novellò il codice civile del 1942, sia la legge che istituiva i consultori familiari.
A sentire lui, “famiglia” sarebbe un modello unico e universale (nonché assoluto e immodificabile), e sarebbe quello che dicono i cattolici (notoriamente rappresentanti di tutte le culture e di tutte i momenti storici). Da notare poi come l’accento sul divorzio sia messo per farci sentire in colpa, noi, dissolutori di famiglie!
Il nostro ha le idee confuse, o quantomeno molto parziali. I consultori non sono nati come cintura di sicurezza del matrimonio. Non parliamo della famiglia prima della riforma del diritto di famiglia: padre padrone cattolico, certo, ma padre padrone con donna, metà angelo del focolare, metà imbecille da cornificare – senza divorziare, si capisce. Perché la famiglia è sacra, ma il sesso è pur sempre una esigenza maschile da soddisfare, mica ci si può reprimere, che fa male sia all’umore che al fisico. L’idea più potente (e purtroppo tradita) dei consultori consiste nello spostamento dalla cura alla prevenzione della salute. I consultori nascono su basi molto complesse e aspiravano ad essere molto più di un certificatificio per andare ad abortire. Purtroppo tagli e disattenzioni politiche (e non solo) hanno contribuito a svuotarli del significato complesso iniziale, rendendoli inadatti e inefficaci nel rispondere (mettici spesso una carenza del personale, una riduzione delle ore, e così via).
L’idea che mosse questi interventi riformatori, in gran parte condivisa trasversalmente tra le varie forze politiche, fu di rafforzare l’istituzione familiare con una normativa più moderna, per rispondere alle nuove sfide poste dall’evoluzione sociale, nonché di sostenerla nei diversi momenti e nelle differenti vicissitudini che in concreto può incontrare. Insomma: riforma del diritto di famiglia e legge sui consultori familiari furono pensate insieme per stare insieme, in una visione che guardava al futuro. Due leggi non perfette, come spesso accade nelle cose umane, e tuttavia animate delle migliori intenzioni e con elementi certamente apprezzabili.
Insieme chi? Ho un vago ricordo (me lo raccontava mia nonna, non vanto ricordi solidamente fondati) che ci fu qualche referendum in quegli anni, e se ben ricordo due posizioni si scontravano (mi sembra una per il “sì” e una per il “no”). Insieme? Per stare insieme?
Dopo una sdolcinata e falsa descrizione della famigliola nostrana, resistente a molte traversie, Giuseppe Della Torre si avvia verso la conclusione, vibrante di indignazione e carica di speranze:
In questo contesto, diciamolo francamente, le attese sollevate dalla legge del 1975 sui consultori familiari sono state sostanzialmente deluse. Se si tolgono le solite lodevoli eccezioni, e fra queste sono senz’altro i consultori di ispirazione cristiana, la funzione consultoriale si è banalizzata e ridotta ad una sanitarizzazione; i consultori si sono ridotti a luoghi per l’aborto e per la contraccezione, tra l’altro con le conseguenze in termini di squilibrio demografico che oggi vengono drammaticamente emergendo. La funzione di formazione dei giovani al matrimonio, la consulenza nelle difficoltà di coppia, l’opera di mediazione per la prevenzione di separazioni e divorzi, la salvaguardia della vita nascente, il sostegno ai nuclei familiari con persone in difficoltà, la consulenza psicologica e pedagogica: tutto ciò è in buona parte mancato. Non sarebbe ora di riaprire la discussione sul tema?
Certo, i consultori cristiani. O quelli piantonati dal MPV. Quelli in cui ti dicono che abortire ti fa venire il cancro all’utero, o che prendere la pillola riduce drasticamente la fertilità. Un gran contributo, nell’ottica che ciò che non ti ammazza ti fortifica.
La situazione dei consultori familiari è penosa, ma di certo non per le ragioni invocate da Della Torre. E soprattutto, prima di invocare discussioni (con l’intento di modificare la legge, e chissà come mai ho il presentimento che la direzione non sia quella da me sperata) sarebbe opportuno invocare l’applicazione di una legge esistente, che è ancora una gran legge e che costituisce ancora oggi un solido riferimento per la libertà di cura e di scelta, che ha segnato un passo importante nella critica del paternalismo (morale e medico).