venerdì 9 febbraio 2007

Siamo tutti Giovanni Nuvoli

Riporto il comunicato stampa di Giampiero Muroni, segretario di Azione Radicale, su un ennesimo caso scomodo e di fronte al quale è più confortevole girarsi dall’altra parte. Rimandare.

La vicenda di Giovanni Nuvoli, l’uomo malato di sclerosi laterale amiotrofica ricoverato a Sassari, che ha chiesto di poter essere aiutato a morire, riporta in primo piano, in maniera drammatica, il tema delle scelte di fine vita a meno di due mesi dalla morte di Piergiorgio Welby e a un anno esatto da quella di Luca Coscioni.
Purtroppo le parole delle massime cariche dello Stato – il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e della Corte di Cassazione Gaetano Nicastro – che chiedevano al Parlamento una decisione in tempi stretti sull’argomento, sono rimaste ancora senza risposta: evidentemente i tempi della politica sono infinitamente lontani da quelli della vita reale dei cittadini.

Siamo vicini alla disperata richiesta di un’uscita dignitosa dalla prigione della malattia e della sofferenza avanzata da Giovanni Nuvoli e disponibili a offrire a lui e alla sua famiglia tutto il sostegno per la loro battaglia di libertà che sentiamo anche nostra, anche attraverso l’associazione che di Luca Coscioni porta il nome.
Non possiamo accettare che le scelte e le decisioni così sofferte sulla propria persona incontrino al più la pietà di chi è stato più fortunato o l’indifferenza ed il fatalismo di chi, sulla pelle altrui, è capace solo di dire ciò che si deve o non si deve fare in base a precetti “morali” imposti e non condivisi.
Siamo tutti temporaneamente sani; siamo tutti precariamente vivi.
Siamo tutti – se ci è consentito, con il più grande rispetto – Giovanni Nuvoli.
Giovanni Nuvoli ha 53 anni, vive ad Alghero, è devastato dalla Sla e ricoverato in Rianimazione. Ha chiesto di morire:
Sono ancora vivo, ma si può chiamare vita questa mia permanenza in un involucro che non assomiglia e non riconosco più come il mio corpo, alimentato, evacuato e ossigenato attraverso macchine che mi sono altrettanto estranee. Per questo rivolgo un appello a ogni medico anestesista italiano onesto e coraggioso di intervenire fattivamente nella mia situazione, così come ha fatto il dottor Mario Riccio nei riguardi di Piergiorgio Welby.
(«Fatemi morire come avete fatto con Welby», l’Espresso local, 8 febbraio 2007)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi ha fatto una pena indicibile, la prima cosa che mi viene in mente è che è la priogionia più brutta a cui si possa condannare un individuo.
Io, ancora non so perchè negli ultimi sette anni, stò perdendo i contatti con la società e con le persone, esco di rado di casa, e quando mi succede faccio fatica a stbilire un contatto, e sono una persona fisicamente sana.
Le persone che si oppongono alla scelta di una persona, di porre fine alla propria sofferenza, solo per dei loro "credo", sbagliano, perchè possono uscire, muoversi, la loro mente è sempre impegnata, e mi chiedo quante volte quando assaliti dalla noia han tentato di scacciarla.
Immaginate una persona come Giovanni che per il 90% della sua giornata i suoi sensi registrano sempre le stesse cose.
L'esempio più stupido che posso farvi,è: immaginatevi completamente bloccati nel gesso, dalla testa ai piedi, credetemi dopo un mese così impazzireste.
Ammirate quest'uomo che secondo me stà patendo grosse sofferenze psicologiche, e concedetegli l'unica cosa che veramente desidera, ridategli la libertà.