domenica 4 febbraio 2007

Ma allora è un vizio, professor Sermonti!

Qualche mese fa avevamo colto Giuseppe Sermonti, il più noto degli anti-evoluzionisti italiani, nell’atto di contraffare sul Foglio una citazione di Albert Einstein, per far credere che il padre della Relatività fosse un nemico di Darwin. Adesso il professor Sermonti ci riprova, sempre sul Foglio («L’evoluzionismo s’è fatto dottrina dogmatica e Darwin è il suo profeta», 30 gennaio 2007, p. 2); e ci riprova non solo perché riporta nuovamente la stessa citazione einsteiniana taroccata, ma perché si esibisce in una nuova alterazione dei testi, questa volta direttamente a danno di Charles Darwin, come stiamo per vedere.

Più che il danno che la via distorta aperta da Darwin ha recato alla scienza, preoccupa il detrimento morale e culturale che esso ha arrecato e arreca al mondo. In un’epoca in cui il male della terra è identificato con la persecuzione razziale, che è considerata il simbolo del male, è decente che la nostra filosofia e la nostra economia (e l’educazione dei nostri figli) siano fondate sul principio infame della sopraffazione del debole da parte del più forte, del “might is right”? E non si dica che questa è una mia interpretazione malevola del pensiero darwiniano. Queste parole, che cito con raccapriccio, sono di Charles Darwin, nella sua “Origine dell’Uomo”: “Tra tutti gli uomini ci deve essere lotta aperta; e non si deve impedire con leggi e costumi ai migliori di avere successo e di allevare il maggior numero di figli. Tra qualche tempo a venire, non molto lontano se misurato nei secoli, è quasi certo che le razze umane più civili stermineranno e si sostituiranno in tutto il mondo a quelle selvagge”. Questa non era una prospettiva da scongiurare, ma un preciso auspicio. Era l’unico modo per l’uomo di evolversi, secondo i canoni della teoria della selezione naturale, l’unico modo per aumentare la distanza tra i gentiluomini anglosassoni e gli scimmioni africani.
A leggere la citazione di Darwin riportata tra virgolette non si può, in effetti, che provare raccapriccio: sembra proprio che il grande scienziato stia augurandosi una lotta all’ultimo sangue tra le razze umane, il cui esito finale sarebbe lo sterminio delle meno «civili».
Quando però si va a cercare la citazione nell’edizione originale (The Descent of Man, and Selection in Relation to Sex, 2 vols., London, Murray, 1871), ecco che si fa una scoperta, che non definiremo sorprendente solo perché conosciamo già i precedenti sermontiani: quella che Sermonti riporta come un’unica, lunga frase, è composta in realtà di due citazioni prese da luoghi differenti del libro e accostate ad arte, per far dire loro cose che nell’originale non dicevano.

Cominciamo dalla prima parte. Vol. II, p. 403:
tutti coloro che non sono in grado di evitare la povertà più abietta per i propri figli dovrebbero astenersi dal matrimonio; perché la povertà non costituisce soltanto un grande male, ma tende ad auto-incrementarsi, portando all’irresponsabilità nel matrimonio. D’altra parte, come ha fatto notare Galton, se i prudenti evitano il matrimonio mentre gli irresponsabili si sposano, i membri inferiori della società tenderanno a soppiantare i migliori. L’uomo, come ogni altro animale, ha senza dubbio raggiunto la sua attuale elevata condizione attraverso una lotta per l’esistenza che ha fatto seguito alla sua rapida crescita demografica; e se vuole progredire ancora di più deve rimanere soggetto a una competizione severa. Altrimenti scivolerebbe presto nell’indolenza, e gli esseri umani più altamente dotati non godrebbero di maggior successo nella lotta per la vita dei meno dotati. Per questa ragione il nostro tasso di incremento naturale, benché causa di molti ed evidenti mali, non dovrebbe in alcun modo diminuire eccessivamente. Tra tutti gli uomini ci dovrebbe essere un’aperta competizione; e non si dovrebbe impedire con leggi e costumi ai più abili di avere successo e di allevare il maggior numero di figli.
Nell’originale:
all ought to refrain from marriage who cannot avoid abject poverty for their children; for poverty is not only a great evil, but tends to its own increase by leading to recklessness in marriage. On the other hand, as Mr. Galton has remarked, if the prudent avoid marriage, whilst the reckless marry, the inferior members will tend to supplant the better members of society. Man, like every other animal, has no doubt advanced to his present high condition through a struggle for existence consequent on his rapid multiplication; and if he is to advance still higher he must remain subject to a severe struggle. Otherwise he would soon sink into indolence, and the more highly-gifted men would not be more successful in the battle of life than the less gifted. Hence our natural rate of increase, though leading to many and obvious evils, must not be greatly diminished by any means. There should be open competition for all men; and the most able should not be prevented by laws or customs from succeeding best and rearing the largest number of offspring.
La gara o competizione di cui Darwin sta parlando è, come si comprende dal contesto, quella a chi ha il numero maggiore di figli. Nell’Inghilterra vittoriana la povertà era cosa ben diversa da quella attuale, e i timori che i poveri moltiplicandosi disordinatamente riuscissero a peggiorare ancora di più la loro condizione e a mettere a repentaglio l’intera società si possono dire esagerati solo col senno di poi. Certo, la retorica della lotta per l’esistenza applicata agli esseri umani ci colpisce negativamente; eppure, ancor oggi udiamo allarmi molto simili, per esempio sul sorpasso demografico dei prolifici immigrati musulmani a danno degli occidentali che li ospitano; timori espressi in particolare dai giornali su cui il professor Sermonti scrive di preferenza, senza che la cosa sembri scandalizzarlo minimamente...
D’accordo, si dirà; ma non sono comunque queste preoccupazioni l’indizio, in Darwin, di una fredda mentalità eugenica, per la quale i forti dovrebbero sopraffare i deboli? Non proprio. Vediamo cosa scrive nella stessa Descent of Man (vol. I, pp. 168-69):
L’aiuto che ci sentiamo costretti a dare ai bisognosi è in larga parte un risultato accidentale dell’istinto della simpatia, che è stato acquisito in origine come parte degli istinti sociali, ma reso in seguito […] più delicato e più ampiamente diffuso. Né potremmo controllare la nostra simpatia, se la fredda ragione ci spronasse a farlo, senza un deterioramento della parte più nobile della nostra natura. Il chirurgo può indurire se stesso mentre compie un’operazione, perché sa che sta agendo per il bene del suo paziente; ma se noi dovessimo intenzionalmente trascurare il debole e il bisognoso, ciò sarebbe solo a favore di un beneficio passeggero, accompagnato immediatamente da un male certo ed ingente.
Nell’originale:
The aid which we feel impelled to give to the helpless is mainly an incidental result of the instinct of sympathy, which was originally acquired as part of the social instincts, but subsequently rendered […] more tender and more widely diffused. Nor could we check our sympathy, if so urged by hard reason, without deterioration in the noblest part of our nature. The surgeon may harden himself whilst performing an operation, for he knows that he is acting for the good of his patient; but if we were intentionally to neglect the weak and helpless, it could only be for a contingent benefit, with a certain and great present evil.
Le convinzioni di Darwin non passerebbero forse il vaglio della moderna political correctness, ma proprio per questo la sua opposizione decisa all’abbandono dei più deboli costituisce uno degli appelli più sinceri contro l’eugenica che io abbia mai letto.

Passiamo adesso alla seconda parte della ‘citazione’. Vol. I, p. 201:
Tra qualche tempo a venire, non molto lontano se misurato nei secoli, è quasi certo che le razze umane più civili stermineranno e si sostituiranno in tutto il mondo a quelle selvagge. Allo stesso tempo le scimmie antropomorfe, come ha fatto notare il professor Schaaffhausen, saranno senza dubbio state sterminate. La distanza sarà allora resa più ampia, perché si aprirà tra l’uomo, che si troverà in una condizione più civilizzata – c’è da sperare – di quella della razza caucasica, e qualche scimmia inferiore, come il babbuino, invece che tra il negro o l’australiano e il gorilla, come avviene oggi.
Nell’originale:
At some future period, not very distant as measured by centuries, the civilised races of man will almost certainly exterminate and replace throughout the world the savage races. At the same time the anthropomorphous apes, as Professor Schaaffhausen has remarked, will no doubt be exterminated. The break will then be rendered wider, for it will intervene between man in a more civilised state, as we may hope, than the Caucasian, and some ape as low as a baboon, instead of as at present between the negro or Australian and the gorilla.
Qui Darwin sta spiegando perché tra le specie esistenti non esista un continuum morfologico: la sua risposta è che le specie intermedie sono spesso andate estinte (Darwin credeva erroneamente che le «razze selvagge» dell’uomo rappresentassero stadi anteriori della sua evoluzione). Ma non sta affatto affermando che ciò costituisca un bene; l’unica espressione che implica un auspicio («c’è da sperare») riguarda paradossalmente il superamento della stessa razza caucasica, cioè bianca, ed è usata nello stesso senso in cui ancor oggi ci si auspica un superamento del presente stato della civiltà umana. Non siete convinti? Leggiamo allora cosa scrive Darwin altrove nella stessa opera (vol. I, pp. 100-101):
Man mano che l’uomo progredisce nella civiltà, e piccole tribù si uniscono in comunità più ampie, la più elementare ragione imporrà a ciascun individuo di estendere i suoi istinti e le sue simpatie sociali a tutti i membri della medesima nazione, benché non li conosca di persona. Una volta raggiunto questo punto, rimane solo una barriera artificiale a impedirgli di estendere le sue simpatie agli uomini di tutte le nazioni e di tutte le razze.
Nell’originale:
As man advances in civilisation, and small tribes are united into larger communities, the simplest reason would tell each individual that he ought to extend his social instincts and sympathies to all the members of the same nation, though personally unknown to him. This point being once reached, there is only an artificial barrier to prevent his sympathies extending to the men of all nations and races.
Sono le parole di un razzista, queste? Solo una volta, che io sappia, Darwin ha auspicato che una razza prendesse con la violenza il posto di un’altra. In una lettera alla moglie, del giugno 1833, così scriveva (The Life and Letters of Charles Darwin, Including an Autobiographical Chapter, ed. by Francis Darwin, 3 vols., London, Murray, 1887, vol. I, p. 246):
Ho visto come il sentimento generale, come appare dai risultati elettorali, si stia ribellando contro la schiavitù. Che cosa splendida sarebbe se l’Inghilterra fosse la prima nazione europea ad abolirla completamente! Prima di lasciare l’Inghilterra mi era stato detto che dopo aver vissuto in paesi schiavisti tutte le mie opinioni sarebbero cambiate; l’unico cambiamento di cui mi sono accorto è che mi sono fatto un’opinione assai più alta del carattere dei Neri. È impossibile non vedere un nero e non provare simpatia nei suoi confronti; tanto allegra, aperta, onesta è la loro espressione, e tanto belli i loro corpi muscolosi. Non ho mai posato gli occhi su nessuno dei meschini Portoghesi, con le loro espressioni da assassini, senza quasi augurare al Brasile di seguire l’esempio di Haiti [dove la popolazione nera aveva preso il potere nel 1803 con una rivoluzione].
Nell’originale:
I have watched how steadily the general feeling, as shown at elections, has been rising against Slavery. What a proud thing for England if she is the first European nation which utterly abolishes it! I was told before leaving England that after living in slave countries all my opinions would be altered; the only alteration I am aware of is forming a much higher estimate of the negro character. It is impossible to see a negro and not feel kindly towards him; such cheerful, open, honest expressions and such fine muscular bodies. I never saw any of the diminutive Portuguese, with their murderous countenances, without almost wishing for Brazil to follow the example of Hayti.
Darwin razzista, professor Sermonti?

Ci resta da giudicare questa alterazione dei testi. Si potrebbe concedere il beneficio del dubbio, e pensare che Sermonti in realtà non abbia mai letto Darwin (cosa per la verità di per sé già abbastanza grave), e che dipenda da qualche creazionista di pochi scrupoli, di cui si è fidato troppo: si sa che in questo genere di letteratura ci si limita spesso a copiare gli altri senza controllare le fonti. Ma purtroppo questa interpretazione benevola ci è impedita da un testimone autorevole: lo stesso Giuseppe Sermonti. In un brano disponibile anche online, tratto dal suo libro La mela di Adamo e la mela di Newton (Milano, Rusconi, 1974, pp. 22-35), le due citazioni sono riportate separatamente e con i rispettivi numeri di pagina. Si tratta dunque di una contraffazione consapevole del Sermonti.

Ma supponiamo pure, per amor di discussione, che la citazione non fosse stata fraudolenta, e che Darwin fosse stato veramente un razzista convinto. Cosa ne avremmmo dovuto concludere? Da una descrizione di fatti non si può derivare una prescrizione di valori: se in natura una specie animale ne stermina un’altra, questo non implica in nessun modo che sia giusto lo sterminio di altre specie; sostenere il contrario porterebbe, per esempio, a dover sostenere anche che, visto che tutti gli oggetti sono sottoposti alla gravitazione universale, allora è male impedire che un bambino cada da una scala. Se Darwin avesse sostenuto che lo schiavismo è giustificato dall’evoluzione, avrebbe dunque commesso un errore logico fondamentale. Nella furia di dimostrare che proprio questa sarebbe stata la posizione di Darwin – furia spinta fino alla calunnia e al falso storico – Sermonti sembra preda di un errore uguale ed opposto: che dalla intollerabilità dello schiavismo si possa dedurre la falsità della teoria dell’evoluzione.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Magistrale!

Anonimo ha detto...

La cosa triste è che la maggior parte della gente prende le distorsioni per buone e non si cura minimamente di controllare gli originali... nè di leggere cosa andavano affermando i filosofi coevi, anche se forse sarebbe chiedere troppo, così da poter contestualizzare le affermazioni. Sì, è chiedere troppo.

E probabilmente sarebbe chiedere troppo anche far presente a Sermonti che questa strumentalizzazione distorta delle teorie altrui è degna di Novella 2000 che specula su chi tradisca chi e con chi, ma vabbè.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Grazie! (ma chi sei?)

Joe Silver ha detto...

Ho letto tutto quanto, pronto a fare la mia chiosa finale, che sarebbe stata grosso modo del tipo: "E anche se fosse? Anche se Darwin fosse stato razzista e il darwinismo un alibi per i razzisti, basta questo a squalificare la teoria dell'evoluzione? Senza contare che la teoria stessa si è evoluta rispetto alla formulazione di Darwin?"

Ora, per non rendere del tutto superfluo il mio commento, mi complimento per il puntiglioso lavoro e ti invito a prendere in considerazione la possibilità di sbugiardare Sermonti, scrivendo una lettera al giornale del ciccione che qualche giorno fa ci ha "deliziato" con la sua trasmissione mistificatrice sull'Idiot Design.

Giuseppe Regalzi ha detto...

Ci ho provato, una volta, mandandogli il link a questo. Ma naturalmente non mi hanno dato retta.

Joe Silver ha detto...

Sono andato a leggermi tutto l'articolo.

Sermonti è un buffone! Riporto un pezzo:

«Non voglio qui riprendere una discussione scientifica su una enunciazione che per me giace da tempo nel magazzino polveroso della scienza archiviata,» [e invece è proprio questo che dovresti fare!] «ma ribellarmi alle disastrose implicazioni filosofiche e morali che la Teoria seguita a produrre sull'uomo moderno, che in certo modo è "moderno" proprio in virtù della tesi darwiniana.» [non gliene frega di invalidarla, la giudica solo in base alle conseguenze filosofiche]

Continua: «Sto scrivendo al computer e mi accorgo come la parola "Gesù" è sottolineata in rosso come straniera, mentre la parola "Darwin" è entrata nell'italiano corretto.»

Ho fatto una prova su due programmi di scrittura diversi e posto testimoniare che non mi sottolineano in rosso ne "Gesù" né "Darwin", ma mi segnalano come errore "Sermonti". E lo fa anche lo spellchecker di Firefox :-)

Per non parlare del resto, che porta a chiedersi se abbia davvero studiato la teoria dell'evoluzione.

Si rifiuta pure di entrare nella disputa tutta americana tra ID e darwinismo, per concludere: «Una scienza che esalta la malvagità naturale per negare Dio è cattiva scienza.»

Che dire, complimenti Ferrara, bel colpo!

Unknown ha detto...

Ho scoperto solo ora il vostro blog, e sto scorrendolo per quel che riguarda l'evoluzionismo. Che dire? Complimenti; l'analisi dell'articolo di Sermonti è puntuale e approfondita. Ci vuole del gran tempo per trovare le citazioni originali on line, tradurle e postarle in un tutto logico. Mi occupo dell'argomento (anche) per lavoro e d'ora in poi vi seguirò fedelmente.

Anonimo ha detto...

Mi sono preso anch'io la briga di andare a controllare direttamente i testi originali: beh, la persona che stoltamente ha scritto l'articolo ha manipolato i testi, ritagliando opportunamente ciò che faceva comodo per smentire lo scienziato, il quale, anche se travisa un po' il senso letterale, non travisa quello globale!!!! E voi tutti dietro come pecorelle!!! Viva la Verità! Andatevi a leggere i testi integrali, senza i tagli che anche il vostro autore combina... Darwin dice che "dobbiamo SOPPORTARE senza lamento gli indubitabili cattivi effetti della sopravvivenza del debole e del suo propagarsi; ma appare esserci almeno un controllo (check) come costante azione (steady action), cioè l'evitare il frequente matrimonio ai deboli e agli inferiori come avviene per il sano". Darwin pronuncia quesa frase subito dopo la citazione dell'autore del nostro caro articolo!

Giuseppe Regalzi ha detto...

Caro Anonimo, e questo cosa c'entra con le pulsioni genocide che Sermonti assegna a Darwin? E in cosa contraddirebbe quello che scrivevo io? ("Nell’Inghilterra vittoriana la povertà era cosa ben diversa da quella attuale, e i timori che i poveri moltiplicandosi disordinatamente riuscissero a peggiorare ancora di più la loro condizione e a mettere a repentaglio l’intera società si possono dire esagerati solo col senno di poi. Certo, la retorica della lotta per l’esistenza applicata agli esseri umani ci colpisce negativamente […]".)
Nel brano che citi tu Darwin sta parlando di meccanismi che esistono già, non di misure da prendere! E sei tu a tagliare un pezzo fondamentale, perché alla fine D. scrive: "this check might be indefinitely increased, though this is more to be hoped for than expected, by the weak in body or mind refraining from marriage" (corsivi miei).
Infine, dove sarebbe la mia intenzione di ingannare qualcuno, visto che cito scrupolosamente le mie fonti e metto i link ai testi originali - link che tu stesso hai seguito?

Anonimo ha detto...

che l'universo,la natura ,l'uomo e tutto ciò che consideriamo vita non è nato per caso, è un dato di fatto.
L'evoluzione non ha prove scientifiche e tanto meno ciò che asserisce Darwin.Se poi penso al fatto che osava misurare l'intelligenza in base alla grandezza del cranio credo che oggi troverebbe posto in prima serata su ZELIG.

Anonimo ha detto...

"che l'universo,la natura ,l'uomo e tutto ciò che consideriamo vita non è nato per caso, è un dato di fatto"? e chi lo dice? come si fa a dimostrare una affermazione del genere? l'evoluzione non ha prove scientifiche? essa è la base di tutte le attuali ricerche scientifiche dalla genetica alla bilogia molecolare che non hanno fatto altro che confermare l'evoluzione (e Darwin aveva supposto l'esistenza del materiale ereditario ben prima che venisse scoperto), ma anche in medicina e si vede con i virus e batteri come evolvono velocemente diventando sempre più resistenti ad antibiotici e altri medicinali o aumentando la virulenza, senza contare la filogenesi molecolare che ha messo in luce i rapporti di parentela tra i vari gruppi di organismi (e non dovrebbe esistere parentela se non si discende da antenati comuni), infine l'uomo e lo scimpanzè hanno il 98% delle sequenze geniche uguali: è una percentuale che si può definire casuale? no, ovviamente, perchè hanno antenati comuni

Anonimo ha detto...

Caro Anonimo, stiamo parlando di virus o di animali, parliamo di analogie,di omologie o di uguaglianze?
E' sicuramente vero che la teoria dell'evoluzione sia alla base delle ricerche attuali, e ciò mi sembra più che normale, visto che per ora non ci sono teorie concorrenti ad essa. Dire però che tutti i risultati scientifici concordano con essa non mi sembra corretto. Comunque non voglio con questo obbiettare sulla grandezza di tale teoria, voglio solo ricordare che una teoria per essere convalidata deve prima essere confutata o almeno un vero scienziato dovrebbe sempre ricercare falle ed errori in essa per comprenderne la veridicità. Oltre tutto, visto che la verità non è nella tasca di nessuno, e su questo la fisica quantistica ci può illuminare, bisognerebbe sempre lasciar gli scienziati liberi di provare, altrimenti si rischia di cadere nell'oscurantismo e nel dogmatismo, campi che non si addicono alla scienza.