martedì 27 febbraio 2007

Lisa dagli occhi blu (o Jennifer Capriati)

A proposito della possibilità di intervenire sul patrimonio genetico degli embrioni vorrei demolire qualche luogo comune.
Sebbene la possibilità di modificare tratti somatici (come il colore degli occhi o l’immissione di un talento specifico) sia uno scenario fantascientifico piuttosto che scientifico, è utile sgombrare il campo da presunti argomenti che condannano la genetica migliorativa.
La condanna della manipolazione genetica positiva o migliorativa si basa spesso sull’argomento della violazione della autodeterminazione del nascituro (vedi come esemplare la posizione di Jürgen Habermas in Il Futuro della Natura Umana, 2001). Argomento debole. Molto debole.

Innanzi tutto per l’estrema difficoltà di distinguere una manipolazione genetica negativa (i cui scopi sono terapeutici e difficilmente condannabili moralmente) da una manipolazione genetica positiva (i cui scopi sono migliorativi e oggetto di una dura accusa “eugenetica. Qual è la linea di confine? E, soprattutto, perché la manipolazione genetica negativa viene considerata moralmente accettabile, mentre quella positiva è criticata aspramente come immorale e disumana?
Lo stesso Habermas è costretto a ammettere che tracciare un confine tra genetica positiva e genetica negativa è difficile e implica l’annoso problema di operare una cesura in una sequenza discreta non interrotta da avvenimenti moralmente significativi. Il confine è necessariamente arbitrario e non fattuale, proprio come lo è il confine politico tra due Paesi o la definizione di maggiore età a partire dal compimento dei diciotto anni. Lungo il continuum degli interventi genetici, qual è il punto in cui un intervento (genetico e “tradizionale”) non è più terapeutico ma diventa migliorativo?
Se è agevole definire come intervento squisitamente terapeutico la correzione a livello genetico di una grave malattia (la sindrome di Lesch-Nyhan, ad esempio), è più difficile in casi più sfumati: l’incremento di intelligenza o di forza muscolare è evidentemente un intervento soltanto migliorativo? L’aumento della resistenza immunitaria o il rimedio della calvizie come devono essere considerati? Sembra ragionevole ammettere che una possibile soluzione consisterebbe nell’individuare una soglia di normalità, soddisfatta la quale gli interventi non sono più terapeutici bensì migliorativi. Quali sono i criteri per stabilire la soglia di normalità, da utilizzare come spartiacque tra interventi terapeutici e migliorativi? La questione non è semplice, soprattutto alla luce della difficoltà di offrire criteri soddisfacenti per definire la normalità, la salute e la patologia, e della opinabilità e parzialità di tutti i criteri possibili.

La possibilità della manipolazione genetica darebbe poi origine a un nuovo diritto che le si impone come argine: il diritto a un patrimonio genetico non manipolato. Argomento affine a quello della innaturalità, solleva la seguente domanda: la trasformazione genetica costituisce un accrescimento dell’autonomia e della salute individuali, oppure è dannosa?
Invocare il diritto alla casualità non risolve granché. Affermare il diritto al caso dovrebbe servire da una parte a condannare la strumentalizzazione di una vita umana rispetto alle preferenze di terzi (i genitori), dall’altra la violazione della lotteria cromosomica (che valore ha la lotteria cromosomica?).
Il diritto al caso è un’arma critica piuttosto debole: anche gli interventi genetici terapeutici (dunque gli interventi che in genere vengono considerati moralmente ammissibili) violano il diritto al caso, andando intenzionalmente a correggere anomalie genetiche: la trisomia del cromosoma 21, originata per caso, dovrebbe dunque essere protetta dall’intervento genetico? Perché sarebbe immorale sostituirsi alla casualità genetica nel caso degli interventi genetici migliorativi, ma non nel caso degli interventi genetici terapeutici? Il diritto al caso non può essere invocato arbitrariamente: si può istituire accettandone tutte le implicazioni, e dunque anche l’astensione da interventi genetici terapeutici, oppure è necessario ricusarlo. (Accettereste di essere curati “a caso”?)

La soluzione proposta da Habermas è che gli interventi terapeutici traggono la forza da una presupposizione controfattuale di un possibile consenso da parte dell’embrione, evitando così il rischio di eterodeterminazione genetica (per quale motivo sia possibile presupporre un consenso soltanto rispetto a interventi terapeutici, e non rispetto a interventi che possano migliorare le caratteristiche del nascituro (incrementi genetici di bellezza, intelligenza, memoria) è oscuro): questa presupposizione può riferirsi solo alla prevenzione di mali estremi, che senza dubbio sarebbero rifiutati da tutti. Non può invece essere ipotizzato in altre circostanze. La presunzione di un consenso da parte nel nascituro a quegli interventi contro mali estremi suscita innumerevoli perplessità. Se fosse rilevato un male piccolo, o che comporta sofferenze medie, ci si dovrebbe forse astenere dall’intervenire perché l’intervento sarebbe immorale? E chi stabilisce quale male è estremo? Quali sono i criteri per valutare oggettivamente una gerarchia di mali?
Escludere interventi (eugenetici o terapeutici?) richiamandosi alla necessità del consenso degli interessati sembra equivalere all’affermazione che l’abolizione della schiavitù dovrebbe suscitare il consenso potenziale degli schiavi; ma in fondo la schiavitù – rispetto alla pena di morte, o al diritto del sovrano di vita e di morte sui sudditi – sembra un male medio o trascurabile; dal momento che sarebbe azzardato affermare che tutti darebbero il proprio consenso alla liberazione dalla schiavitù (qualcuno potrebbe preferire vivere in schiavitù, o magari i figli degli schiavi liberati potrebbero rimpiangere la condizione dei loro genitori), possiamo continuare a tenerci i nostri schiavi (bel risultato!).

Gli interventi genetici migliorativi non compromettono l’autonomia individuale e la possibilità di scegliere della propria esistenza.
Non è riscontrabile una differenza moralmente rilevante tra modificazione genetica e modificazione pedagogica, e la pedagogia è accettata (la scuola, i campeggi, le lezioni di danza e di pianoforte), allora anche un intervento genetico migliorativo dovrebbe rientrare in un’area discrezionale dei genitori (la nascita stessa, quella tradizionale, è un atto intrinsecamente eterodeterminato: cosa c’è di più irreversibile e asimmetrico del mettere al mondo un figlio naturalmente?).
È bene sottolineare l’impossibilità di rendere «non avvenuta» una qualsiasi forma di educazione. È sempre possibile, almeno in linea di principio, correggerne le conseguenze; ma questo è possibile anche per gli interventi genetici (posso correggere le conseguenze di una miglioria genetica così come posso correggere le conseguenze di una educazione musicale. Non è superfluo aggiungere che se mi fosse stata aggiunta una predisposizione musicale, ciò non implicherebbe affatto un dovere o una impossibilità di sottrarmi alla carriera musicale. Potrei ignorarla, e non sentirmi limitata nella mia libertà da una aggiunta genetica voluta dai miei genitori. In questa cornice, la mia esistenza non sarebbe compromessa e i miei genitori avrebbero soddisfatto un desiderio che non mi comporta alcun danno, cioè non comporta per me nessun peggioramento della mia condizione. Vi sono limitazioni ben più gravi della libertà filiale, e atteggiamenti dannosi da parte dei genitori nei riguardi dei figli che non sono condannati con la veemenza con cui spesso si critica l’eugenetica, né sono vietati da una legge: l’iscrizione a certe scuole, l’educazione parentale dei primi anni di vita, l’indottrinamento religioso, lo stesso contesto sociale in cui si nasce, le aspettative verso un figlio avvocato o dentista. Tutti questi elementi sono fortissimi condizionamenti della mia libertà di determinare il corso della mia esistenza, e sono forse più irrimediabili del possedere una predisposizione genetica alla danza o all’hockey su ghiaccio. L’infanzia di Jennifer Capriati, trascinata dal padre per ore sui campi da tennis, è un buon esempio di imposizione molto diversa dall’imposizione di una caratteristica genetica…). È evidente che la premessa dell’equivalenza tra modificazioni genetiche e modificazioni pedagogiche (e dunque della possibilità di apportare ‘correzioni’ in entrambi i casi) è costituita dal rifiuto di un ingenuo determinismo genetico.
Insomma, l’esistenza di un individuo migliorato geneticamente sarebbe in qualche modo peggiore della sua esistenza senza quel miglioramento? E se quel miglioramento può essere agevolmente trascurato nelle decisioni riguardanti la propria vita, potrebbe in qualche modo costituire un restringimento dell’autodeterminazione?
Il nascituro si trova nella condizione di non potere mai esprimere una preferenza, ma soltanto una eventuale e futura protesta. Questa eventuale protesta non può servire per condannare una modificazione genetica nei casi in cui la dotazione di predisposizioni (musicali, sportive) non comporti nessun ragionevole peggioramento della condizione del nascituro: egli potrà non usare le predisposizioni geneticamente determinate, e scegliere liberamente il corso della propria esistenza. La dotazione di predisposizioni non danneggia in nessun modo la sua vita.
Inoltre, l’esistenza di un figlio ‘programmato’ mi sembra preferibile all’esistenza di un figlio dell’errore e della distrazione.

31 commenti:

Anonimo ha detto...

Vorrei chiederle come considererebbe la richiesta di una coppia di sordi che chiedesse la selezione di embrioni portatori dello stesso gene della sordità per poterlo integrare completamente nella comunità segnante (ovvero che usa la Lingua dei Segni) di cui fanno parte.

Anonimo ha detto...

Interessante, l'articolo parlava di interventi migliorativi e qui si tirano in ballo interventi peggiorativi. A che scopo?
E' abbastanza ovvio che il confine tra lecito ed illecito e' una frutto di una convenzione. C'e' chi vorrebbe ammettere solo interventi curativi, chi anche migliorativi, dubito che a qualcuno interessino realmente interventi peggiorativi.

Ivo Silvestro ha detto...

Habermass è, secondo me, semplicemente incapace di gestire le novità tecniche e farfuglia discorsi abbastanza privi di senso. Eppure un filosofo dovrebbe avere ben chiara la differenza tra potenza e atto (qui è proprio il caso di dirlo: ipse dixit) e capire che la genetica riguarda la potenzialità e non l'atto!
Quanto alla coppia di sordi, per loro la sordità sarebbe un intervento in un qualche modo migliorativo, per la comunità no. Il problema diviene fin dove si posso tollerare simili deviazioni.
In ogni caso, la sordità è, nel caso specifico, determinata: è, se mi passate la terminologia aristotelica, in atto e non in potenza.

Maurizio ha detto...

Bel post, ci voleva proprio.

Quando ho letto che si potrebbe parlare di un "nuovo diritto ad avere un patrimonio genetico non manipolato" mi sono venuti i brividi. Semmai si dovrebbe parlare del diritto opposto, "diritto ad avere un patrimonio genetico NON AFFIDATO AL CASO, ma alla decisione razionale dei genitori". Ciao

Anonimo ha detto...

x Maurizio

Che sia un intervento peggiorativo è un'opinione che i genitori sordi (e non è un esempio teorico, negli Usa è già realtà così come per le coppie di nani)potrebbero non trovare coincidente con la loro "decisione razionale" di sottrarre il figlio al CASO...

Maurizio ha detto...

x Enrico.

Quello che tu ipotizzi non sarebbe eugenetica, in quanto infliggerebbe un handicap nel nascituro. Le persone sordomute sono chiaramente svantaggiate rispetto alle persone non sordomute.

Per quanto riguarda la presunta giustificazione di "poterlo integrare nella comunità segnante", ti rispondo semplicemente che non rientra nei diritti del genitore decidere di che comunità debba far parte il nascituro.

Il genitore non ha alcun diritto dato da Dio di decidere la comunità di cui il figlio farà parte. Spetta solo al nascituro deciderlo. Il genitore non deve limitare la libertà del nascituro di scegliere di che comunità fare parte. Questo vale tanto per la comunità sordomuta, quanto per quella cattolica, musulmana, ecc.

Ciao

Anonimo ha detto...

x Maurizio

Dire che non "non rientra nei diritti del genitore decidere di che comunità debba far parte il nascituro" è in palese contraddizione con la realtà: ogni genitore decide proprio anche questo scegliendo se traslocare, se fargli frequentare certi corsi di studio o di sport invece che altri! Io per questioni del genere non tirerei per forza in ballo Dio e la religione: i genitori, almeno fino a un certo punto, fanno scelte del genere per i propri figli. Di solito pensano pure di fare il loro bene.
Se tu fossi un sordo segnante americano che vive in una vasta e coesa comunità LINGUISTICA (come i Cinesi, o i Latini, o i Turchi) troveresti del tutto naturale che tuo figlio impari a parlare come te e ti incazzeresti pure se ti dessero dell'handicappato!! Prova a parlare con un sordo adulto americano segnante e vedi cosa ti risponde!... Idem con la comunità delle "persone piccole" (affette da nanismo) i cui membri in America chiedono e ottengono la selezione di embrioni con la loro stessa "caratteristica" (pure loro si incazzano se gli dai dell'handicappato!) per poter gestire un figlio che non cresca troppo rispetto alle loro possibilità di cura (sembra quasi la storia di Ashley, no?). Chi sei tu per dire che "infliggerebbero un handicap al nascituro"? La diversità non è un handicap e loro si sentono "diversamente abili" non invalidi. Chi sei tu e che criterio utilizzersti per smentire la loro visione delle cose?

Guarda che io sono contro queste manipolazioni, proprio perchè, pur partendo con intenzioni di "cura" qualsiasi "scelta" di come deve essere il proprio figlio è un grave rischio per tutta la società (e non solo per chi viene "scartato") proprio perchè qualsiasi criterio può sempre essere scavalcato da qualcuno che non lo sente adatto al proprio modo di vedere le cose.

Ciao

Maurizio ha detto...

x Enrico.

A scanso di equivoci, ritengo profonda ed utile questa tua riflessione. Ma la mia conclusione è opposta alla tua. Rispondo in due modi.

1.

Se anche la mia visione dei diritti del genitore sui figli fosse in palese contraddizione con la realtà, ciò non significa che la realtà attuale sia la migliore possibile. Se oggi si accetta che il figlio sia di proprietà dei genitori, non significa che debba essere così. Potrebbe significare solo che dobbiamo batterci per abolire questa mentalità.


2.
Secondo, anche nel caso peggiore, lasciando i genitori completamente liberi di determinare le caratteristiche del figlio, la sofferenza complessiva sarebbe comunque diminuita. Perché la maggior parte dei genitori eseguirebbero presumibilmente scelte volte ad alleviare la sofferenza dei nascituri, anziché ad infliggere più sofferenza.

In altre parole, se un genitore sordomuto decide che il bambino nasca sordomuto, cosa potremmo dire a questo bambino? "Spiacente, hai avuto la sfortuna di avere un genitore che ti ha fatto del male. Ma tante persone che avrebbero avuto la sfortuna di nascere con malattie, ora nascono sani. Tu sei stato sfortunato, ma complessivamente la società ci ha guadagnato, perché la sofferenza complessiva è diminuita; ed è diminuita perché i genitori in media scelgono meglio del caso."

Che ne pensi? Ciao

Anonimo ha detto...

Se oggi si accetta che il figlio sia di proprietà dei genitori, non significa che debba essere così. Potrebbe significare solo che dobbiamo batterci per abolire questa mentalità

SIAMO AL PURO DELIRIO!!!!!!!!!!!!

Maurizio ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Maurizio ha detto...

(errata corrige)

Anonimo: Secondo te è un delirio affermare che i figli non sono di proprietà dei genitori? Cioè, secondo te un genitore Amish deve poter decidere, ad esempio, che il figlio non debba ricevere un'istruzione oltre una certa età, non debba usare elettricità, ecc?

Anonimo ha detto...

ah sì allora sai che facciamo? Quando nascono i bambini li marchiamo con il timbro RI, così da ricordarci che non sono proprietà dei genitori, ma dello stato. OK?
Ma che.... i figli non sono più un diritto?

Maurizio ha detto...

x anonimo.


Ti prego di rispondere alla domanda: e' giusto che un genitore Amish decida che il figlio non deve avere un'istruzione e non possa usare l'elettricità?

Il figlio non è proprietà del genitore (e nemmeno dello Stato, come erroneamente assumi), ma è proprietà di sé stesso! Laddove possibile, il genitore deve lasciarlo libero di autodeterminarsi. E' così difficile da capire?

Anonimo ha detto...

Mi spieghi come fa un bambino di 1 anno ad AUTOdeterminarsi? E uno di 5? E uno di dodici?
Sicuramente l'amish sbaglia, ma per lui quello è il modo più idoneo di educare 'suo' figlio.
Quando il figlio crescerà saprà AUTOdeterminarsi come dici tu!

Rispondi alla mia di domanda....
Non sono più un diritto i figli?
Ci avete spappolato le menti con lo slogan della genitorialità come diritto durante il referendum sulla L40...

Anonimo ha detto...

Sia chiaro pure io sono convinta che i figli non siano proprietà dei genitori e men che meno diritti, visto che CI SONO DATI e visto che non possiamo decidere noi quando CI VENGANO TOLTI.

Chiara Lalli ha detto...

Ci sono dati? Ci vengono tolti?
Vorrei fare una domanda: se tanto scandalo suscita il fatto che io (da genitore) possa decidere il colore degli occhi (tratto neutrale, che non crea alcun danno al figlio), come la mettiamo con l'educazione religiosa, ad esempio, in cui avviene un vero e proprio lavaggio del cervello su questioni che se ci fosse lucidità sarebbero da neuro?
Il figlio è "incondizionabile" su una questione tanto superflua come il colore degli occhi, però puoi tranuillamente dirgli che l'ostia è il corpo di Cristo e non so cosa sui rapporti tra i membri della trinità?

Maurizio ha detto...

Anonimo.

Perché ti rifiuti di ammettere che oltre al diritto del genitore ci sono in ballo i diritti del figlio? Sono due diritti: il diritto di non soffrire inutilmente e il diritto di autodeterminarsi.

Sul primo evadi completamente. Il genitore Amish infligge sofferenza sul figlio (divieto di usare luce eletrrica, interruttori, ecc.)


Sul secondo dici che, una volta cresciuto, il figlio potrà comunque autodeterminarsi. Semplicemente non è vero che il figlio potrà autodeterminarsi, perché non avrà un'istruzione. Le sue scelte non saranno libere in quanto non saranno informate. C'è, o ci dovrebbe essere, un diritto dei figli alla conoscenza e alla libertà di scelta, che prevale sul diritto dei genitori di imporre la loro visione e di limitare le loro potenzialità, conoscenza, prospettive.

Infine accusi i radicali di avervi spappolato il cervello col diritto alla genitorialità, come se questo c'entrasse qualcosa. Una cosa è il diritto alla genitorialità, un'altra è il diritto di limitare l'autodeterminazione, la libertà, gli orizzonti di conoscenza del figlio. Sono due cose completamente diverse, non credi?

(PS: Lasciamo perdere il bambino di 1 anno o di 5 anni, che non potrebbe comunque autodeterminarsi. Ciò che dobbiamo garantire è la possiiblità di autodeterminarsi a chi lo potrebbe fare, non a chi non lo potrebbe fare.)

Ciao

Maurizio ha detto...

x Chiara.

Violenza ancora peggiore è insegnare al bambino che esiste l'inferno. Un vero e proprio abuso di minori, peggiore della violenza sessuale. Esistono testimonianze di persone che hanno subito entrambe le violenze e che affermano che la prima cosa ha causato loro danni più gravi. Vedi questo articolo di Dawkins. Ciao

Anonimo ha detto...

Ci sono dati? Ci vengono tolti?
Vorrei fare una domanda: se tanto scandalo suscita il fatto che io (da genitore) possa decidere il colore degli occhi (tratto neutrale, che non crea alcun danno al figlio), come la mettiamo con l'educazione religiosa, ad esempio, in cui avviene un vero e proprio lavaggio del cervello su questioni che se ci fosse lucidità sarebbero da neuro?
Il figlio è "incondizionabile" su una questione tanto superflua come il colore degli occhi, però puoi tranuillamente dirgli che l'ostia è il corpo di Cristo e non so cosa sui rapporti tra i membri della trinità.

Mi pare che non sia questo il piano argomentativo dei miei commenti....non ho tirato fuori nè il Cristianesimo, nè le ostie benedette, nè la Trinità....la tua ostilità verso tutto ciò che è fede ti porta a blaterare cose poco attinenti.

Non è forse vero che i figli non li possiamo programmare a piacimento ( e non per l'insufficienza di leggi adeguate o per la momentanea incapacità di mezzi scientifici adeguati, ma perchè c'è sempre qualcosa che sfugge alla nostra capacità di controllo)?
Non è forse vero che noi non possiamo prevedere con certezza quando loro lasceranno questa terra ( perchè non possiamo stabilire se domani o dopodomani un camion li investirà, o una leucemia li stroncherà)?

Chi ha detto poi che il colore che tu hai scelto per gli occhi di tuo figlio, a lui un giorno non possa far ribrezzo? Ti accuserà di avergli fatto un torto tutta la vita!!
Siamo al paradosso!!!
Per ciò che riguarda l'educazione, noi genitori abbiamo le mani legate a doppio spago dalla supposta vostra superiorità intellettuale, radical chic, lacicista e politicamente corretta. Per ciò che riguarda il determinare caratteristiche fisiche ai nostri figli eeeevvaaaiii con la libertàààà!!!!Possiamo dare gli occhi viola di liz taylor chè nostro figlio sarà tanto caruccio così...

Chiara Lalli ha detto...

Anonimo,
non essere tanto narcisista da pensare che la mia domanda debba essere un commento ai tuoi commenti.
Ho fatto una domanda. Punto. (Mi sembra che il mio post sia già una risposta al tuo "piano argomentativo").
Quanto possibilità che un figlio ci rinfacci X, non basta dire "può rinfacciarmi X" per sostenere che è moralmente sbagliato avere fatto X.
Nostro figlio potrebbe rinfacciarci di essere nato (altro che rinfacciarci un dettaglio come quello del colore deglio occhi...).

La tua conclusione sugli occhi blu di Liz Taylor: a te sembrerà evidente che sarebbe immorale, a me no. E ne ho spiegato le ragioni.
Non ne ho ancora sentita una da te.

Maurizio ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Maurizio ha detto...

x anonimo.

Invece io ti rispondo perché credo nel dialogo.

Chi ha detto poi che il colore che tu hai scelto per gli occhi di tuo figlio, a lui un giorno non possa far ribrezzo? Ti accuserà di avergli fatto un torto tutta la vita!!


Virtualmente ogni scelta del genitore può avere effetti negativi inaspettati, ma questo non significa che non sia legittimo per il genitore scegliere.

Ad esempio, anche il fatto di cadere dal primo piano potrebbe fare bene a mio figlio (perché in ospedale incontrerà la donna della sua vita), ma non per questo non è lecito per il genitore salvarlo dalla caduta.

Quello che conta non è se la scelta può finire per essere dannosa. Ciò che conta è se c'è un ragionevole motivo di pensare che gli occhi azzurri causino al figlio più sofferenza degli occhi neri. Non c'è motivo. Per questo, e solo per questo, questa particolare scelta del genitore è lecita. Mentre non è lecita la scelta di farlo nascere sordomuto o di farlo crescere come un Amish, poiché c'è motivo di pensare che queste due cose limiteranno la loro libertà e causeranno loro sofferenza. Per gli occhi verdi invece non c'è motivo di pensarlo. Questa è la differenza.

Perché non ammetti questa differenza?

Ciao

Anonimo ha detto...

Ho scritto da qualche parte che è immorale?
Non mi pare! Ho solo cercato di far capire (ma a quanto vedo non ci sono riuscita) che tutte le scelte per i figli sono scelte personali, private, insindacabili perchè considerate le migliori possibili ( a meno che non compromettano la vita degli stessi).

Quando toglierai i prosciutti dagli occhi forse capirai che non hai dall'altra parte della barricata solo vaticanisti pronti col fucile spianato!

Chiara Lalli ha detto...

Vabbeh, Anonima.
Il prosciutto me lo mangio in un panino e tanti saluti.
Perché sei tanto incazzata? Passa una buona giornata.

Anonimo ha detto...

Forse Aioros ha scoperto il motivo dell'irritabilità frequente, in questo periodo…

http://aiorosblog.splinder.com/post/11176190

Anonimo ha detto...

Il problema non risiede tanto nel concetto di eugenetica quanto nella società. è indubbio che la ricchezza e lo status sociale tendono ad essere ereditari e quindi nella struttura attuale anche i miglioramenti eugenetici sarebbero riservati all'elité con il rischio di giungere al terrificante concetto di razza superiore non piû solo ideologico, ma anche biologico. L'eugenetica in se (come ogni scoperta scientifica) non é un male in assoluto, ma più divenirlo se l'ambiente in cui é inserita é inadatto.

Anonimo ha detto...

Oliviero, è sempre stato così, da quando l'uomo ha inventato la clava: poteva procurarsi più facilmente il cibo ma anche ammazzare un proprio simile.

Anonimo ha detto...

"Vorrei chiederle come considererebbe la richiesta di una coppia di sordi che chiedesse la selezione di embrioni portatori dello stesso gene della sordità per poterlo integrare completamente nella comunità segnante (ovvero che usa la Lingua dei Segni) di cui fanno parte.".

L'eugenetica negativa ... ma scherziamo? pura follia del nazismo!

Chiara Lalli ha detto...

Sul caso di genitori sordi e della richiesta di selezionare un embrione che sarà un individuo sordo è necessario, innanzi tutto, distinguere tra 2 casi:
1. il caso in cui il nascituro può nascere (A) sordo oppure (B) non nascere affatto;
2. il caso in cui il nascituro può nascere (A) sordo oppure (B) non sordo.

In 1. le opzioni a nostra disposizione sono tra una esistenza caratterizzata dalla sordità e la non esistenza.
In 2. le opzioni sono tra una esistenza caratterizzata dalla sordità e una esistenza caratterizzata dalla non sordità.

I 2 scenari sono profondamente diversi.
Di Gauvin, bambino nato sordo per volontà delle madri, ho parlato qui:
http://www.bioetiche.eu/gauvin.pdf.

Lilith ha detto...

Salve..
Vorrei sapere se dunque già dai giorni nostri è possibile decidere in anticipo il colore d'occhi per il nascituro,e il cuoio capeluto ..
O si tratta di un futuro ancora lontano..?

Giuseppe Regalzi ha detto...

Lilith, da un punto di vista tecnico la cosa è parzialmente possibile. Bisogna far ricorso alla fecondazione in vitro: si producono così molti embrioni, da cui si estrae una singola cellula per analizzarne il Dna; l'embrione con i geni giusti viene impiantato nell'utero. La procedura ha tassi di riuscita non molto alti, e può provocare malformazioni nel feto con una probabilità leggermente superiore a quello che succede nella fecondazione naturale.
Tieni presente però che la genetica di tratti come il colore degli occhi è assai poco conosciuta (credo che solo da poco si conosca la mutazione responsabile degli occhi blu), anche perché coinvolge quasi sempre molti geni diversi. Inoltre i genitori debbono già possedere nel loro Dna il carattere desiderato (anche se, nel caso p.es. degli occhi azzurri, questo può non essere visibile), altrimenti occorrerebbe ricorrere a un donatore di ovociti o di sperma con le caratteristiche desiderate, oppure all'ingegneria genetica, che però attualmente è impossibile.

Inutile dire che da un punto di vista legale tutto ciò è impossibile, sia in Italia sia - credo - in tutto il resto del mondo.